(ASI) Ad agosto è entrato ufficialmente in vigore l’European Media Freedom Act, in recepimento del Regolamento UE 2024/2065, una norma comunitaria nata con l’obiettivo dichiarato di garantire la pluralità dell’informazione e di proteggere i media dalle ingerenze politiche e da pressioni economiche.
Vengono introdotti obblighi di trasparenza sulla proprietà delle testate, nuove regole per la distribuzione degli aiuti pubblici e protezioni per le fonti giornalistiche, basato su un meccanismo di vigilanza europea contro eventuali abusi. Secondo l’opposizione, questo nuovo quadro normativo potrebbe comportare conseguenze impattanti sulla radiotelevisione nazionale, con particolare riferimento alla RAI accusata fin troppo spesso di essere diventata “TeleMeloni”, a causa del presunto eccessivo controllo dal parte del Governo Meloni.
Proprio per questa vicinanza del servizio pubblico di Stato al Governo, gli oppositori rilanciano il caso della TeleMeloni Tax, non una tassa reale, ma un soprannome polemico per indicare un potenziale costo economico per lo Stato italiano, a seguito di sanzioni e procedure europee collegate al nuovo Media Freedom Act. Se infatti l’UE dovesse ritenere che la RAI o altri media pubblici in Italia, non dovessero rispettare requisiti di pluralismo, di indipendenza editoriale e di una gestione trasparente previsti dal nuovo regolamento, potrebbero essere applicate penalità e ammende di tipo economico, che graverebbero esclusivamente sulle casse dello Stato.
La polemica si inasprisce quando si parla di possibili ingerenze e pressioni da parte della politica. Il servizio pubblico di Stato infatti, se fosse effettivamente riconosciuto non conforme ai requisiti richiesti dal Regolamento UE 2024/2065, dovrebbe essere profondamente ristrutturato e questo comporterebbe sia sperpero di denaro pubblico che un danno all’immagine dell’informazione libera italiana. D’altro canto difficilmente l’UE applicherebbe immediatamente delle sanzioni, in quanto casi eclatanti sono stati prima attenzionati con richiami di natura formale.
Il Governo respinge le accuse. Palazzo Chigi ribadisce che la RAI garantisce già pluralismo e che le nomine dei vertici avvengono tramite le procedure previste dalla legge nazionale. Inoltre, l’esecutivo sottolinea che il Media Freedom Act non introduce censure ma fissa standard minimi, e che l’Italia non ha nulla da temere a riguardo.
Carlo Armanni - Agenzia Stampa Italia



