(AS) "Oggi a Udine un altro lavoratore è morto sul lavoro. Un'altra vita spezzata in nome del profitto, un'altra tragedia che si aggiunge a una lista che ogni giorno si fa più lunga e insopportabile.
A piangere non è solo una famiglia distrutta, ma un intero Paese che continua a tollerare quella che è diventata una vera e propria strage quotidiana, con una media che supera ormai i tre morti al giorno. Esprimiamo il nostro profondo cordoglio e la nostra rabbia: non si tratta mai di "incidenti" o fatalità. Ci sono sempre o quasi sempre precise responsabilità politiche, istituzionali e padronali. Le istituzioni competenti, dal governo ai vertici regionali e locali, non stanno facendo tutto quello che sarebbe necessario per fermare questa carneficina. Le misure di prevenzione vengono lasciate sulla carta, i controlli sono insufficienti, gli ispettori pochi e malpagati, le sanzioni ridicole. A morire sono quasi sempre lavoratori impiegati in settori caratterizzati da appalti e subappalti, in cui la logica del massimo ribasso impone condizioni di lavoro sempre più precarie, con ritmi disumani, sicurezza assente e diritti calpestati. Il profitto viene prima della vita. Per questo invitiamo tutte e tutti a non dimenticare che fra i cinque referendum su cui voteremo l'8 e il 9 giugno ce n'è uno fondamentale per fermare questa barbarie: quello che riguarda la responsabilità in materia di sicurezza sul lavoro, e che punta ad attribuirla finalmente anche alle aziende committenti, cioè a chi trae vantaggio economico da quei lavori e non può più permettersi di lavarsene le mani. È una battaglia di civiltà, giustizia e umanità. Basta morti sul lavoro! Serve un vero piano nazionale per la sicurezza, il potenziamento dei controlli, l'assunzione di migliaia di ispettori, la tutela dei lavoratori nei cantieri e nelle fabbriche, e la fine della giungla degli appalti. Il lavoro deve rendere liberi, non uccidere". Lo dichiara ij una nota Giovanni Barbera della Direzione nazionale di Rifondazione Comunista.



