(ASI) La carenza di personale sanitario è un argomento che spesso è balzato agli onori della cronaca, oggi più che mai, ed è un fenomeno che sempre più spesso si estende anche oltre l’Italia interessando persino l’Europa.
Le motivazioni sono molteplici e tra queste si annoverano principalmente le condizioni lavorative e remunerative, ma risultano responsabili anche la mancanza di matching tra domanda e offerta oltre che i pensionamenti e le dimissioni per diverse cause.
La questione, però, ha un che di paradossale, in quanto in Italia - dopo una diminuzione rilevata nel quinquennio 2012/2017 - il numero degli operatori sanitari ha ripreso a crescere già dal 2018, eppure non ce ne sono abbastanza. Inoltre, è bene specificare che la carenza fa particolare riferimento alla categoria degli infermieri (stimata nel 2006 al 15% della copertura dei posti di lavoro), mentre si rileva un numero elevatissimo di medici.
Al fine di poter consentire l’ingresso di lavoratori stranieri in Italia e, in particolare, di poter provvedere ad attenuare la mancanza di personale sanitario e d’infermieri stranieri, l’Italia ha promosso una manovra per l’immigrazione legale, il c.d. “Decreto Flussi” valido per il triennio 2023/2025 e che prevede un totale di oltre 450 mila ingressi nel belpaese.
Inoltre, anche il PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) ha incluso investimenti relativi al potenziamento e alla creazione di strutture e presidi sanitari per poter rafforzare i servizi sul territorio.
In generale, gli ingressi di cittadini da paesi stranieri sono regolamentati dal diritto dell'immigrazione, una materia complessa e in continua evoluzione, normativa contenuta nel Testo Unico sull'Immigrazione (TUI), approvato con decreto legislativo n. 286/1998 e successivamente modificato e integrato.
Il TUI prevede che i cittadini stranieri che intendono entrare e soggiornare in Italia per motivi di lavoro devono essere in possesso di un permesso di soggiorno. Il permesso di soggiorno per motivi di lavoro può essere rilasciato a cittadini stranieri che hanno trovato un'occupazione in Italia, che sono stati assunti da un'azienda italiana o che sono stati invitati a lavorare in Italia da un familiare o da un'altra persona.
Anche la possibilità per infermieri stranieri di essere assunti in Italia è regolata dall'articolo 39 del TUI, che prevede che i cittadini stranieri che intendono esercitare una professione sanitaria nel belpaese devono essere in possesso di un titolo di studio abilitante riconosciuto in Italia.
In deroga alle norme generali sul riconoscimento delle qualifiche professionali sanitarie, il decreto-legge n. 18/2020, convertito nella legge n. 27/2020, ha introdotto una procedura semplificata per l'assunzione di infermieri stranieri durante l'emergenza COVID-19.
Tale procedura, che è tuttora in vigore, consente alle regioni e alle province autonome di reclutare temporaneamente infermieri stranieri in possesso di un titolo di studio di infermieristica rilasciato in un Paese dell'Unione europea o in un Paese terzo, purché in possesso di una conoscenza adeguata della lingua italiana.
Il governo italiano inoltre ha anche deciso di prorogare sino al 31 dicembre 2025 la possibilità di riconoscimento di qualifiche conseguite all’estero, opzione che prevede l’esercizio temporaneo sul territorio nazionale dell’attività lavorativa a coloro che, sulla base di suddetta qualifica professionale, possono lavorare presso strutture sanitarie o sociosanitarie pubbliche/private/private accreditate.
Tale riconoscimento delle qualifiche professionali sanitarie conseguite all'estero è disciplinato dal decreto legislativo n. 133/2008 il quale prevede che avvenga in base a un sistema di equivalenza, basato sulla valutazione della corrispondenza tra i titoli di studio e le competenze acquisite oltre che ai requisiti richiesti per l'esercizio della professione in Italia.
Foad Aodi - Agenzia Stampa Italia