(ASI) Dopo i risultati raggiunti dall’occupazione ad ottobre 2022, già un mese dopo la situazione era cominciata a variare a causa del calo dei dipendenti permanenti di circa 94 mila unità. I dati, come di consueto evidenziati dall’Istat, riportano anche il calo dei disoccupati, e l’aumento degli inattivi.
Proprio a causa di questi dati asincroni, il 2022 resta l’anno del boom dell’occupazione, ma con una fiducia nelle assunzioni che scende del 19%, e come se non bastasse, con le imprese che non trovano personale. “Più che asincroni, direi che sono dati figli dei tempi - esordisce Gianni Lepre, opinionista economico - non dimentichiamo che stiamo vivendo un periodo storico molto sui generis che nessuno si sarebbe aspettato sia sul versante Covid-19 che su quella della guerra in Ucraina. La leggere flessione sull’occupazione contrattuale e le -94mila unità di cui si parla quella è una questione fisiologica del mercato del lavoro, non stiamo certo parlando dei picchi di disoccupazione, quelli che, per intenderci, colpiscono il nostro Mezzogiorno”. Il noto economista che tra l’altro è presidente della Commissione Reti e Distretti Produttivi di Odcec Napoli ha poi continuato: “Su questi numeri influisce anche molto la riduzione quasi quotidiana del numero di italiani in età lavorativa (15-64 anni), scesi dai 38.5 milioni del gennaio 2020 ai 37.6 milioni del novembre 2022. Su queste problematiche ci può venire incontro il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza che noi, in maniera errata, consideriamo solo una misura di rilancio dell’economia nazionale, ma potrebbe avere effetti positivi anche sul mercato del lavoro, anzi, oserei dire, partendo proprio di là. Ciò che ci deve spaventare sono gli inattivi, gli sfiduciati, quelli che non studiano e non cercano un lavoro, i cosiddetti NEET, quelli che poi andranno ad ingrossare le fila dei sussidi sociali”. Il prof. Lepre ha poi concluso: “La promozione delle filiere produttive del Sistema Paese comportano di perse la creazione di centinaia di migliaia di posti di lavoro. La priorità attuale è rendere il lavoro specializzato, quindi formare e creare quelle figure professionali che le imprese cercano e che comunque sono indispensabili al sistema industriale ripensato dal Pnrr. E’ l’assenza di questa prerogativa che rende il mercato del lavoro inefficiente, e le imprese poco competitive sui mercati nazionali ed internazionali”.