(ASI) Catanzaro - È fin troppo facile scaricare ora tutte le responsabilità dello sfacelo della sanità calabrese sul Gen. Cotticelli. Troppo facile e troppo comodo. Chi da anni in questa regione si batte perché vengano garantiti tanto il diritto alla salute dei calabresi quanto i diritti dei lavoratori del settore sanitario sa benissimo che l'attuale commissario è solo l’ultimo dei responsabili, solo la punta dell'iceberg che diventa un capro espiatorio, un atteggiamento criminale diffuso.
È da quando è iniziata la pandemia che USB, nel silenzio generale degli altri sindacati, denuncia inefficienze e ritardi nella gestione, colpevoli omissioni e vere e proprie condotte criminali che rischiano di far pagare un costo altissimo in termini divite umane a 2 milioni di cittadini Calabresi. Non siamo mai stati teneri con il commissario, ma scaricare addosso a lui tutte le responsabilità oltre ad essere vigliacco ed ipocrita è poco rispettoso nei confronti di tutti quei cittadini che hanno pagato e pagano con la propria vita il costo del sistema sanitario peggiore d’Italia.
È vero Cotticelli è il vertice apicale della sanità in Calabria da 2 anni, è vero che è principalmente responsabilità sua se nonè stato attuato il nuovo piano antipandemico regionale e forse è anche vero che è stato il peggior commissario mai avuto,ma ci sono altre responsabilità che è d’obbligo sottolineare per evitare che una volta cambiato il commissario tutto ritorni tragicamente come prima. Prima di tutto ci sono le responsabilità del governo centrale, di chi ha scelto il commissario e di chi l’ha confermato al suoposto.È bene ricordare che Cotticelli è in carica dal governo Conte 1 ed è stato scelto dell’allora ministro della sanità, la pentastellata Giulia Grillo. S arà stato il solito approccio manettaro e giustizialista, figlio di una cultura che narra il meridione come terra di mafia e la pubblica amministrazione come luogo di corrotti e fannulloni, il metro di valutazione principale per scegliere, come commissario per il peggior sistema sanitario italiano, un carabiniere che di sanità non sa nulla. Chi è venuto dopo la Grillo si è limitato a non far nulla, avallando la scelta precedente, anche quando durante il primo lockdown ha visto letteralmente sparire l’intera struttura commissariale.
Non una sola delibera scritta, non una sola intervista rilasciata, nulla di nulla, commissario e sub commissari si sono trasformati in latitanti, mentre tutti i calabresi erano impauriti e chiusi in casa. Poi ci sono le responsabilità dei vertici politici regionali tutti compresi: maggioranza e finta opposizione. Tutti troppo impegnati a dividersi i proventi e voti della sanità privata per pensare allo sfacelo di quella pubblica. Nei lunghi 11 anni di commissariamento, ben prima che i calabresi conoscessero il nome di Cotticelli, chiunque si sia seduto a Palazzo Campanella ha avallato la lenta e progressiva distruzione del sistema sanitario pubblico. Mentre i commissari cambiavano nome e casacca politica, una sola costanza ha accompagnato i vari nominati: il taglio del pubblico e l'aumento del privato.
Con questo meccanismo e con quello delle coop esternalizzate i commissari si compravano il silenzio di consiglieripresidenti e assessori regionali, mentre loro sulla carta tagliavano i politici sotto banco spartivano e costruivano clientele. Risultato? Chiusura di ospedali, morte della medicina territoriale, numero di posti letto ogni 1000 abilitanti peggiore d’Italia, drastica riduzione dei LEA e abbassamento di 2 anni della prospettiva di vita media. Tutto questo unito ad un aumento della spesa sanitaria regionale con conseguente aumento delle tasse regionali cheattualmente sono le più alte d’Italia. Come sempre sono i cittadini calabresi che pagano economicamente e fisicamente la clientela fatta dai politici regionali. In fine ci sono i vertici tecnici regionali. I veri ingranaggi immutabili di tutto il sistema, nomi che non cambiano mai, che si susseguono per anni.
Mentre cambiano ministri, commissari e governatori gli ingranaggi fondamentali del sistema sono sempre al loro posto, bel oleati e ben predisposti ad oliare. Cotticelli non ha scritto il piano, è vero, ma chi sapeva benissimo che il piano andava scritto dal commissario, perché non ha parlato? Dove erano nei lunghi mesi estivi in cui non è stato fatto nulla? Il dirigente regionale del settore salute? Il dirigente della protezione civile? Dove era tutta la task force anti covid della Regione Calabria nominata dalla governatrice Santelli? Dove erano tutte quelle persone che prendono lauti stipendi dirigenziali grazie alle tasse dei calabresi? Coticcelli è andato via, ma insieme a lui dovrebbero andare a casa tutti quei tecnici e quei politici che sulla salute dei cittadini e dei lavoratori hanno costruito le proprie fortune, condannando i calabresi ad anni di migrazione sanitaria, dimancanza di cure e, adesso, alla zona rossa che aggiungerà la tragedia economica a quella sanitaria. In ultimo, è importante sottolineare un ulteriore aspetto, per non cadere nella trappola che la politica regionale sta preparando.
La Calabria deve sicuramente uscire dal meccanismo di commissariamento, deve avere la possibilità di fare spesa sanitaria, deve avere dei finanziamenti aggiuntivi dal governo centrale e li deve avere anche subito, ma non è l’assenza del commissario che garantirà ai calabresi di governare la crisi pandemica, ne tanto meno di avere una sanità degna di questo nome . É fondamentale che i calabresi impongano un meccanismo di controllo popolare sul sistema sanitario, un meccanismo che possa decidere dove e come spendere i soldi che arriveranno, dove tagliare sprechi e clientele, dove costruire nuovi ospedali e dove aumentare la medicina territoriale .
È necessario che quella società civile fatta di associazioni di malati, comitati per la difesa dei presidi ospedalieri, unioni di categorie professionali, cittadini attivi prendano il controllo diretto della sanità calabrese, altrimenti il rischio è quello di sostituire un commissario sciatto con un politico o un dirigente corrotto. Il rischio è che, passata la tempesta, tutto ritorni come prima. E questo la Calabria non se lo può davvero permettere."
Così in una nota il sindacato USB Calabria.