(ASI) “Un contratto formativo di accesso al lavoro per i giovani, alternativo a forme di lavoro precario, è sicuramente un obiettivo di grande rilievo che da tempo la Cgil sollecita”.
E’ quanto afferma il segretario confederale della Cgil, Fulvio Fammoni, in merito al via libera da parte del consiglio dei Ministri al decreto legislativo sulla riforma dell’apprendistato, nel sottolineare come, per il raggiungimento di questo obiettivo, “servono alcune caratteristiche che il confronto in corso fra Governo, Regioni e parti sociali deve affermare”.
Il primo è che “la formazione sia fatta davvero e non usata solo come motivo per avere un vantaggio di costo. Una formazione spendibile in ogni settore e in ogni regione e per questo necessaria di standard nazionali omogenei. I dati oggi invece dicono che soltanto un 20% degli apprendisti riceve formazione”. Il secondo, sottolinea Fammoni, “fermo restando il forte vantaggio fiscale per le imprese, sono diritti per i lavoratori apprendisti e che su di loro non possano sommarsi forme diverse di diminuzione di salario come a volte adesso accade”. Il terzo, aggiunge, “è la durata massima e minima del contratto di apprendistato. Oggi la durata massima di 6 anni prevista per legge è spropositata, è stata abolita invece la durata minima e un contratto formativo non può essere usato a mesi, come fosse una tipologia di lavoro a costi più bassi di altre. Contemporaneamente bisogna intervenire sugli attuali tirocini e stage, sui contratti di collaborazione e sulle false partite Iva”.
Infine, quarto punto, “la stabilizzazione degli apprendisti a fine contratto, un investimento di questo genere da parte dei lavoratori e imprese deve, per essere credibile e ripetibile, comportare una percentuale certa di trasformazioni a tempo indeterminato”. Su queste basi, “fermo restando la nostra contrarietà a far partire l'apprendistato prima dell'età minima per il lavoro minorile fissata a 16 anni, la CGIL parteciperà attivamente al confronto. Il problema non sono i tempi, i più rapidi possibili, ma - conclude Fammoni - il merito finale del progetto di riforma”.