(ASI) Nell'area del terremoto l’inverno climatologico è finito con solo 33 stalle in grado di ospitare gli animali sulle 1400 necessarie, a causa degli inaccettabili ritardi burocratici che sono costati la vita sino ad oggi a diecimila animali, mentre l’85 per cento delle mucche, maiali e pecore sopravvissuti sono costretti a restare all'aperto o nelle strutture pericolanti, con il rischio di ammalarsi e morire, mentre si è ridotta del 30% la produzione di latte per lo stress provocato dal freddo e dalla paura delle scosse.
E’ quanto emerge da una analisi della Coldiretti che denuncia anche la scarsa qualità delle poche stalle mobili realizzate fra teloni strappati alla prima raffica di vento, chiusure rotte o montate male, abbeveratoi sbagliati. Per dare finalmente risposte concrete agli allevatori terremotati occorre – sottolinea Coldiretti – accelerare nel percorso di realizzazione delle stalle provvisorie previste con i nuovi bandi ma anche abbattere gli adempimenti burocratici per gli agricoltori che vogliono acquistare da soli le strutture. Una possibilità prevista dall’ordinanza 5 del decreto terremoto che sino ad oggi – denuncia la Coldiretti - è rimasta sostanzialmente inapplicata a causa dei troppi vincoli a partire da quello che impone strutture similari a quelle dei bandi, mentre basterebbe dare semplicemente un tetto massimo di spesa e permettere agli allevatori di costruirsi la stalla provvisoria più adatta alle loro esigenze. E lo stesso dovrebbe valere per i moduli abitativi per gli agricoltori. Complessivamente sono 25mila le aziende agricole e le stalle nei 131 comuni terremotati di Lazio, Marche, Umbria e Abruzzo con 292mila ettari di terreni agricoli coltivati soprattutto a seminativi e prati e pascoli da imprese per la quasi totalità a gestione familiare (96,5%), secondo le elaborazioni Coldiretti sull’ultimo censimento Istat. Significativa la presenza di allevamenti con quasi 65 mila bovini, 40mila pecore e oltre 11mila maiali dalle quali si evidenzia anche un fiorente indotto agroindustriale con caseifici, salumifici e frantoi dai quali si ottengono specialità di pregio famose in tutto il mondo. Il crollo di stalle, fienili, caseifici e la strage di animali hanno limitato l’attività produttiva nelle campagne mentre lo spopolamento – conclude la Coldiretti - ha ridotte le opportunità di mercato.