(ASI) Evviva! Ritorna in campo il progetto del ponte sullo Stretto di Messina, i cui funerali, pensavamo definitivi, si erano svolti nel 2013 con Mario Monti, e che ci erano costati ben 300 milioni di euro.
Era la penale, forse nemmeno definitiva (ma quelli che firmano questi contratti capestro con i soldi pubblici non pagano mai?) che lo Stato italiano è stato costretto a pagare alla società Eurolink, che nel 2006 aveva vinto la gara d'appalto, per aver rinunciato a realizzare l'opera, progettata con un costo previsto di 3,88 miliardi di euro e poco più di cinque anni di lavori.
La notizia l’ha data ieri il presidente Matteo Renzi, in piena campagna referendaria, partecipando all’assemblea del gruppo Salini – Impregilo (già interessato al progetto poi cancellato e che potrebbe essere interessato anche a quello futuro, tanto è vero che il titolo Impregilo, oggi in borsa, ha guadagnato il 6,75%!) “per tornare ad avere - ha spiegato meglio il capo del governo - una Sicilia più vicina e raggiungibile e per togliere la Calabria dal suo isolamento”. (Semmai la Sicilia!). Ritorna così, in primo piano, tra tante polemiche, quel progetto di collegare, con un ponte, la Sicilia alla Calabria (al Continente, dicono a Messina) che dista 3.300 metri, i cui studi di fattibilità cominciarono già nel 1971. Ora, però, si pensa ad una variante sconcertante: un collegamento solo per il trasporto ferroviario. Così che l'idea (chiamiamola così) è ancora più sconclusionata e cervellotica.
Attualmente, l'attraversamento dello Stretto, come ho già detto di poco più di tre chilometri, avviene con le navi traghetto o ferry boat, come erano chiamate una volta. Le navi, bidirezionali, delle società private, effettuano corse in continuazione, 24 ore al giorno, un po' meno frequenti solo in piena notte, e trasportano le automobili e i mezzi pesanti, offrendo un servizio comodo, veloce e a prezzi ragionevoli: 44 euro per un’autovettura con due persone, andata e ritorno. Tempo necessario, in condizioni meteo normali, circa 35 minuti. Il tempo per parcheggiare l'automobile, sgranchirsi un po' le gambe, andare sul ponte, ammirare il panorama, fare qualche foto e bere un caffè. Di solito, quando ci si ferma in un'area di servizio, si perde più tempo, anche perché, ovviamente, si sta fermi; sulla nave, comunque, si continua a viaggiare. Il beneficio sarebbe - c'era scritto nel progetto del 2006 - di un'ora di tempo risparmiato. Se ci vuole poco più di mezz'ora, come è possibile risparmiare un'ora? Un falso macroscopico, peraltro facilmente verificabile da chiunque abbia un orologio e la voglia di farlo.
Le Ferrovie dello Stato (o se preferite Trenitalia) hanno le proprie navi che svolgono anche il servizio per le automobili, ma hanno gli orari variabili, ovviamente, subordinati all'arrivo dei treni da traghettare, da e per la Sicilia. Per i passeggeri il tempo di attraversamento dello Stretto dura qualche minuto in più rispetto agli utenti con le automobili per le necessarie manovre di imbarco e sbarco delle carrozze dei treni. Ci vorrà massimo un'ora. Il beneficio, indicato nel progetto originario, era di un risparmio di due ore. Un altro clamoroso, interessatissimo falso.
Da questi particolari è facile capire che costruire il ponte per far guadagnare qualche minuto nell'attraversamento dello Stretto è idea assurda, farlo solo per i treni è pensata ancora più incongrua e stravagante, considerando, poi, che i convogli che arrivano alla stazione di Villa San Giovanni, provenienti da Milano o Torino, diretti a Catania, Siracusa o Palermo, viaggiano, quando va bene, con un'oretta di ritardo. Questi sarebbe i benefici. E i costi? Ancora non conosciamo il costo complessivo dell'opera, quello precedente era, come già detto, di 3,88 miliardi di euro, ma era di nove anni fa, oggi sarebbe necessario tutto un altro investimento. E poi c'è da considerare, veramente gigantesco, l'impatto ambientale e paesaggistico, e, anche - tutt'altro che un dettaglio - i rischi di stabilità, considerando che la zona è a più alto rischio sismico del mondo.
Tutto negativo, dunque? No. C'è anche qualcosa di positivo. E sono (sarebbero) i massicci investimenti con la creazione di “centomila posti di lavoro” come ha quantificato Renzi, in una territorio in cui il lavoro manca a tutti i livelli e la disoccupazione ha tassi altissimi molto preoccupanti. Però - ammesso che sia veramente questo l'obiettivo principale - in Calabria e Sicilia mancano così tante infrastrutture che non è difficile trovare dove investire, dalle strade dissestate ai territori franosi c'è solo la difficoltà della scelta, senza il bisogno di avventurarsi in un'impresa ardua, costosa e discutibile come il Ponte. C'è il rischio che il business vero e proprio - su questo non ci sono dubbi ed è, in verità, l'unica cosa certa di questo progetto - lo possa fare la 'ndrangheta in Calabria e la mafia in Sicilia? Tutto lascia pensare che, sentite le dichiarazioni di Renzi i boss, di una parte e dell'altra dello Stretto, abbiano già brindato ai futuri affari. E non si pensi alla task force di Raffaele Cantone, presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione, per evitare corruzioni, tangenti e le infiltrazioni mafiose negli appalti. Quelle sono zone controllate, non chilometro per chilometro, ma centimetro per centimetro, dalle varie cosche e il dominio (e il potere) è pressoché assoluto. Se qualcuno ha dei dubbi, può chiedere informazioni al Procuratore della Repubblica di Catanzaro, Nicola Gratteri, che della 'ndrangheta conosce tutto e tutti. A questo proposito potrebbero essere utili anche le testimonianze dei proprietari delle società che hanno costruito l'autostrada Salerno - Reggio Calabria o gli amministratori della società genovese che gestisce il porto di Gioia Tauro.
Fortunato Vinci - Agenzia Stampa Italia