(ASI) “Tbc e immigrazione: invece di alimentare le polemiche, i benpensanti potrebbero consultare gli esperti in patologie polmonari o interpellare il personale sanitario che ha avuto a che fare con immigrati affetti dalla malattia.
Sarebbe l’occasione buona per capire come stanno veramente le cose”. Lo dichiara il presidente di AssoTutela Michel Emi Maritato, sempre in prima linea nella difesa della salute delle forze di polizia impegnate nell’accoglienza e sistemazione delle ondate di migranti. “Nessuno vuole puntare il dito contro persone provenienti da altri paesi. Non siamo, fortunatamente al tempo degli untori che si pensava diffondessero malattie ma è ben noto, a chi sia un minimo esperto di sanità, come il patrimonio genetico di alcune etnie sia più sensibile ai cosiddetti micobatteri tubercolari capaci di scatenare la patologia. Gli esperti hanno da tempo individuato il cosiddetto Mycobacterium africanum molto presente in quel continente.
Se a ciò si aggiungono le condizioni precarie in cui vivono gli immigrati, ben si comprendono e si debbono giustificare i timori di tutti i cittadini che hanno a cuore la salute personale e quella dei propri cari. E ancora - continua Maritato - è noto a tutti come siano presenti dei ceppi resistenti ai comuni antibiotici, la rifampicina e l’etambutolo, utilizzati come terapia medica con esito favorevole fino a pochi anni fa e che oggi, in alcuni casi, si dimostrano inefficaci. Per questo - chiosa il presidente - facciamola finita con le frasi fatte, le considerazioni prive di qualsiasi fondamento scientifico, il vittimismo di bassa lega e pensiamo a tutelare la salute dei cittadini italiani, costituzionalmente garantita”.
Redazione Agenzia Stampa Italia