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 Confesercenti. ‘Lettera aperta’ di Venturi a leader politici: “Tema ai margini della campagna elettorale”




Lettera aperta’ di Venturi a leader politici: “Tema ai margini della campagna elettorale”

"Con tagli coraggiosi si potrebbero destinare 70 miliardi per ridurre le tasse e rilanciare gli investimenti"
l Presidente di Confesercenti Marco Venturi ha inviato questa mattina una lettera aperta ai leader politici, nella quale si esprime viva preoccupazione per il silenzio che circonda il tema della riduzione della spesa pubblica nel dibattito politico che precede le elezioni. Venturi, facendo riferimento ad uno studio realizzato con l’istituto di ricerca REF, ha illustrato le proposte che Confesercenti avanza per tagliare almeno 70 miliardi di sprechi annidati nella Pubblica Amministrazione, indicando in modo puntuale i risparmi individuati.  Le risorse liberate dai tagli dovrebbero essere destinate a favorire la ripresa, auspica Confesercenti, che nella stessa lettera aperta specifica in modo dettagliato le ipotesi di utilizzo delle risorse da recuperare.

 

Di seguito il testo della lettera aperta.

La nostra crescente preoccupazione per le condizioni economiche e sociali del Paese ci spinge a rivolgerLe un forte appello alla vigilia di questa importante consultazione elettorale, perché siamo convinti che alcuni problemi cruciali per il ritorno alla crescita economica siano pericolosamente sottovalutati. In primo luogo c’è la questione della spesa pubblica – di cui non sentiamo parlare come vorremmo in questa campagna elettorale. Spesa che va ridotta con coraggio e continuità, per recuperare attraverso questa via le risorse necessarie alla ripresa. Senza crescita economica, famiglie e imprese verranno ancora una volta vessate da un fisco ormai insostenibile con conseguenze devastanti sulla loro tenuta e sulla disoccupazione.
Chiediamo una svolta decisa e una stagione di buona politica, concreta, in grado di dare risposte urgenti ai nostri attuali e numerosi problemi e di prevenire quelli futuri.
Confesercenti ritiene che si possa agire sugli sprechi e sulle disfunzioni della Amministrazione Pubblica per liberare e attivare almeno 70 miliardi di euro.
Non vogliamoci limitarci a generiche indicazioni sulla spesa, tanto che abbiamo fatto curare un ampio e circostanziato studio realizzato dall’istituto di ricerche Ref. Sulla base di questo lavoro, Confesercenti avanza precise proposte sia dal lato della riduzione della spesa sia da quello dell’utilizzo delle risorse liberate, che vanno impegnate - senza perdere altro tempo - per ridare respiro e prospettive alle famiglie e alle imprese, con l’intento di bloccare l’allarmante emorragia di queste ultime (solo nei nostri settori, dall’inizio della crisi, ne sono sparite 100 mila) e di consentire invece a chi opera soprattutto nel mercato interno di investire e creare nuovo lavoro e nuova ricchezza. Altrimenti sarà declino, anche perché - come emerge da questo nostro studio - già prima della crisi pesavano diversi fattori negativi, come la crisi delle istituzioni, gli ostacoli burocratici, i tempi biblici della giustizia civile e dei pagamenti alle imprese da parte del settore pubblico, i metodi clientelari con i quali la politica ha intasato le Istituzioni centrali e locali, costituendo così un forte ostacolo all’attività delle imprese.
Per non parlare delle molte opere pubbliche essenziali la cui cronica incompiutezza è ormai diventata leggenda, come nel caso della Salerno-Reggio Calabria, con i conseguenti disagi e con la distruzione di opportunità di crescita economica, di sviluppo del turismo e delle altre attività che potrebbero creare nuovi posti di lavoro. Serve una chiara e forte reazione dello Stato e della società civile per impedire il dominio della criminalità organizzata e per liberare tutte le potenzialità di sviluppo del Mezzogiorno.
È ormai tempo di fare scelte precise: non è più sopportabile assistere a balletti inconcludenti come quelli che stanno tenendo in vita tutte le Province italiane, la cui eliminazione Confesercenti ha chiesto per la prima volta più di 10 anni fa. Non è accettabile assistere alla proliferazione di personale politico mantenendo in vita una miriade di piccoli comuni, con il 71% delle realtà comunali che ha una popolazione inferiore a 5000 abitanti. Spendiamo troppo, spendiamo di più di grandi Paesi come Francia e Germania e paghiamo un conto salato, visto che poi la pressione è ormai insostenibile, senza che il debito pubblico, altro convitato di pietra della nostra economia, scenda di un euro.
Famiglie e imprese non ce la fanno più: il 2013 non può , non deve essere come il 2012, anno di crisi nera. Scelte chiare e tempi rapidi: ci aspettiamo che un significativo intervento sulla spesa pubblica diventi il primo punto all’ordine del giorno dell’agenda politica. Per questi motivi vi sottoponiamo queste nostre proposte, che sono parte di un lavoro ed un impegno che ci vede pronti anche ad assumerci le nostre responsabilità.

DOVE TAGLIARE
Secondo i nostri calcoli, è realistico prevedere un risparmio di 50 miliardi di euro, cui si aggiungerebbero 20 miliardi provenienti dagli effetti sulla crescita, tagliando in 6  settori precisi:

1 – Consumi intermedi
Un taglio dei consumi intermedi dello stato potrebbe liberare in breve tempo circa 10  miliardi di euro. Ben 7 miliardi arriverebbero da una riduzione lineare, del 10%, della spesa sanitaria; i rimanenti 3 miliardi di euro possono derivare dall’estensione a tutte le amministrazioni centrali degli acquisti tramite la Consip.

2 – Pubblica Amministrazione
Il tema della produttività nel settore pubblico costituisce la base perché le norme di blocco del turn over possano effettivamente assecondare un percorso di tagli alle spese senza comportare un ridimensionamento, quantitativo e qualitativo, dei servizi offerti dallo Stato ai cittadini. In quest’ottica riteniamo possibile una riduzione dell’incidenza della spesa per il personale della Pa sul Pil di entità non distante da un
punto di Pil, circa 13 miliardi di euro.

3 – Interessi
Accelerando sul percorso di dismissioni, in cinque anni si potrebbe diminuire il nostro debito pubblico di circa 60-80 miliardi di euro, cui corrisponderebbe a regime un risparmio di spesa per interessi pari a circa 4 miliardi di euro.

4 – Struttura istituzionale
Ulteriori risorse possono essere liberate grazie a una revisione della struttura istituzionale che coinvolga allo stesso tempo il centro e la periferia dello Stato.
Proponiamo una riforma del bicameralismo perfetto, per permettere maggiore efficienza nelle decisioni, dimezzamento del numero dei parlamentari e conseguenti riduzioni delle strutture di supporto; l’abolizione delle Province, con devoluzione delle rispettive funzioni alle Regioni e in parte ai comuni; per questi ultimi, se di piccole dimensioni, accorpamento di amministrazioni e/o funzioni. Un intervento complesso, che darà frutti nel medio periodo; ma riteniamo che la strategia che
indichiamo può porsi l’obiettivo di collocare la spesa della nostra Pubblica amministrazione all’1,6% del Pil, dato medio della spesa delle amministrazioni dei Paesi europei assimilabili a noi per dimensioni (Regno Unito, Germania, Francia e
Spagna). Il risparmio, in questo caso, sarebbe di 0,9 punti di PIL, cioè circa 14 miliardi di euro.

5 – Organismi partecipati dagli enti locali
Se si considerano le società partecipate da tutti gli enti locali, fino al 3^ livello di partecipazione, si stima che esse raggiungano il numero di 11.000 organismi; di questi, circa il 60% operano in comuni con meno di 5.000 abitanti. Un’indagine
Unioncamere, su 3.156 società partecipate, ha individuato 38.288 persone con cariche amministrative, 12 per ciascuna società in media. La Corte dei Conti stima che il “peso” di questi organismi sia pari al 16% delle spese correnti degli enti locali,
ovvero almeno 15 miliardi. L’individuazione di una dimensione minima per l’erogazione di servizi, l’accorpamento di società dei piccoli comuni, il taglio degli enti a gestione delle province, può realisticamente tradursi in un risparmio minimo del 25%, pari a 4 miliardi di euro.

6 – Incentivi alle imprese
Il cosiddetto “Rapporto Giavazzi” ha messo in evidenza l’esistenza di notevoli margini di inefficienza nella concessione di incentivi alle imprese. Va operata una profonda razionalizzazione che elimini le duplicazioni (tra incentivi nazionali e locali), che limiti le misure che prevedono la gestione con bandi, a favore di procedure automatiche, che individui le misure che effettivamente generano investimenti aggiuntivi ed in grado di sostenere lo sviluppo dei settori e dei territori.
Un’azione di questo tipo può generare risparmi di spesa minimi dell’ordine di 5 miliardi di euro.
Riduzione della spesa e rilancio dell’economia.

Risparmi annui a regime, dal 5^ anno (Mld euro)
Taglio dei consumi intermedi 10
Sanità 7
Consip 3
Riduzione della spesa sugli interessi del debito pubblico (riduzione del debito 80 mld) 4
PA più efficiente 13
Riforma istituzionale al centro ed in periferia (riforma del Parlamento, abolizione province, accorpamento piccolissimi comuni, ecc.) spesa come media 4 paesi G,F,S,GB = 1,6% PIL 14
Razionalizzazione organismi partecipati da enti nazionali e locali 4
Razionalizzazione e riforma incentivi alle imprese 5
Totale risparmi di spesa 50
Maggiori entrate da effetti sulla crescita 20
Maggiori risorse pubbliche 70

UTILIZZO DELLE RISORSE

I 70 miliardi, secondo Confesercenti, devono essere impiegati per ridurre le imposte sui redditi delle famiglie ed il costo del lavoro, rilanciare gli investimenti pubblici e le infrastrutture. Anche in questo caso, abbiamo delle indicazioni precise:

1 – Riduzione dell’Irpef
Considerando la difficile fase storica che stiamo attraversando, appare prioritario concentrare le misure sull’imposta sui redditi delle persone fisiche. Va attuata una
riforma che riduca le aliquote legali, in maniera più incisiva per i redditi bassi e medi, ma riguardi tutti gli scaglioni. Vanno previsti adeguamenti del reddito dei pensionati
sotto i 1.000 euro. Per l’intervento potrebbero essere utilizzati 25 dei 70 miliardi di risorse liberati

2 – Riduzione dell’Irap
Le risorse liberate dalla riduzione della spesa potrebbero essere finalizzate ad un abbattimento del “cuneo fiscale”. Appare prioritario, in questo senso, partire dall’Irap: innalzando ulteriormente la franchigia di esenzione per imprese piccole,
riducendo il peso del costo del lavoro dalla base imponibile. L’intervento avrebbe un costo di 7 miliardi.

3 – Iva, ritorno all’aliquota del 20%
Sempre con l’obiettivo di dare fiducia e rilanciare la spesa delle famiglie, va scongiurato l’ulteriore aumento dell’aliquota Iva dal 21 al 22% ed anzi, secondo noi va ripensato anche il precedente aumento al 21%. Per tornare al 20%, servirebbero
circa 8 miliardi

4 – IMU sugli immobili di impresa e sulla prima abitazione
E’ pervenuto da più fonti – anche dall’Unione Europea – l’auspicio di una revisione dell’IMU, che la renda più equa. Confesercenti propone di escludere dall’imposta gli immobili strumentali alle attività d’impresa, che già sono tassati in quanto concorrono alla formazione del reddito d’impresa e per i quali il peso fiscale dell’IMU è stato circa il 100% in più rispetto a quello della vecchia ICI. Opportuno, nell’ottica di alleggerire il carico fiscale delle famiglie, estendere l’esenzione anche
alla prima casa. I due interventi costerebbero rispettivamente 10 e 4 miliardi di euro.

5 - Infrastrutture
Infine, bisogna affrontare il nostro gap nelle infrastrutture, completando quelle già cantierate o considerate necessarie. Va messo anche in atto un grande piano per la riqualificazione delle città, per il loro rilancio e per migliorare la convivenza civile, a partire dal recupero dei quartieri degradati, dei centri storici, delle scuole non a norma e a rischio sismico; va affrontato con più incisività il tema della mobilità urbana, regionale e della logistica. Va realizzato un serio piano pluriennale di salvaguardia
del territorio. In tutto, questo intervento avrebbe un costo di 16 miliardi.

Utilizzo risorse
Importo annuo a regime, dal 5^ anno (Mld euro)
Irpef: riduzione e maggiore sostegno alle famiglie e ai pensionati a basso reddito  25
Irap: innalzamento franchigia e riduzione costo del lavoro da base imponibile 7
Iva: evitare aumento al 22% e ritorno all’aliquota del 20% 8
Imu: 14
Esenzione 1^ casa 4
Esenzione per immobili strumentali attività d’impresa. 10
Investimenti pubblici 16
Piano riqualificazione città, edifici scolastici, trasporti pubblico locale 4
Piano salvaguardia del territorio 2
Grandi Opere prioritarie 10
Totale utilizzo risorse 70
 
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