All’Occidente e soprattutto la Francia serve un cambio radicale di paradigma nei confronti delle nazioni africane

(ASI) Durante quest’estate 2023, il Niger e poi il Gabon hanno subito colpi di Stato militari. In quattro anni, sei paesi del continente africano hanno visto rovesciare i loro leader. In Niger, il 26 luglio, il generale Abdourahamane Tiani ha rovesciato il presidente Mohamed Bazoum, eletto due anni prima, e ha preso il controllo della giunta militare.

Il 30 agosto, un evento simile ha avuto luogo in Gabon: Ali Bongo, la cui famiglia aveva governato il paese per cinquantacinque anni, è stato deposto da un colpo di stato militare, costretto a cedere il passo al generale Brice Oligui Nguema.

Negli ultimi anni diversi Paesi del Sahel, destabilizzati dall'insurrezione jihadista nella regione, hanno vissuto putsch che hanno portato alla costituzione di giunte militari: è il caso del Niger, ma anche del Burkina Faso nel 2022, della Guinea nel 2021 e del Mali ben due volte (2020 e 2021).

Cominciamo dal nuovo governo del Niger, un caso che fa scuola e giurisprudenza. La nuova giunta militari del Niger sta collezionando una serie di importanti vittorie politiche e diplomatiche che consolidano il suo potere, già cementato dal largo consenso popolare. Primo atto: il Niger ha tolto l'immunità diplomatica all'ambasciatore francese Sylvain Itté e ne ha ordinato l'espulsione. Replica del presidente francese Emmanuel Macron: “L'Ambasciatore francese resta in Niger. La Francia è dalla parte giusta della storia”.

Nonostante che l’Ambasciatore francese a Niamey, Sylvain Itté, rifiuti di andarsene (ricoprendosi di ridicolo) dopo che il Ministro nigerino degli Esteri, della Cooperazione e dei Nigerini all’Estero lo scorso 5 agosto aveva firmato il decreto di espulsione; la Francia ha accettato di ritirare i 1.500 soldati presenti in Niger, dispiegati in tre basi. Per salvare la faccia il Presidente Emmanuel Macron parla di un ritiro parziale “di alcuni elementi militari” in quanto la cooperazione militare tra i due Paese è stata interrotta. Si ricorda ai posteri che fino a pochi giorni fa la Francia non aveva alcuna intenzione di ritirare il suo contingente militare in quanto non riconosceva la legale autorità della giunta militare. I colloqui in corso sul soggetto riguardano il totale, e non parziale, ritiro dei soldati francesi e di fatto è un diretto atto di riconoscimento del nuovo governo di Niamey.

In realtà secondo fonti accreditati il presidente Macron fa la voce grossa in pubblico ma sta trattando con i nuovi dirigenti militari per una uscita bonaria sia per l’ambasciatore sia per la partenza dei 1500 soldati delle basi francesi nel Niger.

Al momento non sono state decise ufficialmente data e modalità della partenza, ma il principio è accettato. Attualmente, circa 1.500 soldati francesi sono dispiegati nel Paese, in tre basi: nella capitale Niamey, a Ouallam, a nord della capitale, e ad Ayorou, vicino al confine con il Mali. Alcune unità potrebbero essere ridistribuite nella regione, in particolare nel vicino Ciad, o rimpatriate direttamente in Francia.

Il ricollocamento delle truppe in Ciad potrebbe riscontrare seri problemi a causa delle crescenti tensioni tra N’Djamena e Parigi. Pochi giorni fa migliaia di manifestanti sono scese in piazza nella capitale del Ciad dopo la morte di un soldato ciadiano avvenuta in un alterco con un soldato francese nella base di Faye. I manifestanti hanno chiesto al governo di emulare il Niger e di esigere la partenza dei soldati francesi. Non sono tempi rosei e belli per la Francia di Emmanuel Macron.

Tuttavia, gli accordi fatti con il precedente governo e le multinazionali francesi sono in pericolo e le autorità di Niamey hanno deciso di allineare la vendita dell’uranio ai prezzi del mercato internazionale. Dal 2011 dopo l’incidente di Fukushima il prezzo dell’uranio grezzo chiamato Yellowcake – torta gialla varia tra i 40 e il 60 dollari al chilogrammo. La multinazionale francese Areva ora ribattezzata Orano aveva imposto un prezzo di acquisto inferiore al 70% del prezzo di mercato.

L’uranio e gli interessi della Francia, dieci motivi per cui il Niger è un paese rilevante e perché la Francia è preoccupata dal cambiamento nel Paese africano. Dieci motivi per cui il Niger conta molto.

Uranio: Il 20% dell’uranio impiegato per le centrali nucleari francesi la cui energia è venduta al resto d’Europa viene dal Niger.

È possibile che l’uranio del Niger fa girare le centrali per produrre elettricità in Francia e in Niger nei villaggi non c’è la corrente? Sul piano morale è davvero assurdo e di una cattiveria da parte di chi sfrutta questa materia prima e poi dire che il Niger è uno delle nazioni più povere del mondo.

Secondo luogo, la Comunità Economica dei Paesi dell’Africa Occidentale (ECOWAS) dopo aver minacciato un intervento militare per il ritorno all’ordine costituzionale, il rilascio del deposto presidente Mohamed Bazoum e la sua reintegrazione in carica, ha di fatto accettato la legalità del nuovo governo sorto dal colpo di Stato del 26 luglio chiedendo al Generale Abdourahamane Tchiani che il periodo di transizione sia limitato a soli 9 mesi. Tchiani ha indicato come periodo “ragionevole” 3 anni.

I Generali nigerini hanno sconfitto l’ECOWAS senza nemmeno sparare un colpo di fucile. L’astuto economista Ali Mahaman Lamine Zeine, nominato Primo Ministro, ha dichiarato che il suo Paese intende mantenere un dialogo sincero con la ECOWAS informando che il Niger non ha interrotto gli scambi e che spera di normalizzare i rapporti in un giro di pochi giorni.

Il nuovo governo si sta progressivamente orientando verso nuove alleanze internazionali per il bene del suo popolo.

Per inciso, come più volte abbiamo ricordato, la sollevazione del Niger ha attivato una catena di analoghe rivendicazioni di sovranità e di opposizione alle scellerate politiche coloniali occidentali. Politiche coloniali occidentali che continuano in qualche modo anche oggi a utilizzare in modo sciagurato l'Africa come colonia al servizio dell'Europa, come peraltro emerge limpidamente dalla triste vicenda del franco africano (FCFA), che nei prossimi anni potrebbe essere la causa di rivolte verso la Francia. Ecco perché tutta l’occidente e soprattutto la Francia devono cambiare di paradigma, siamo nel 2023 molti sono gli africani che hanno studiato negli stessi atenei universitari occidentali come i cittadini e dirigenti occidenti, ergo ragionano all’occidentale. Oggi in Africa esistono almeno tre tipi di identità delle élite: l’élite negro-africana endogena; l’élite africana occidentale e l’élite africana araba. Pertanto, bisogno andare verso una sintesi inclusiva per evitare le crisi identitaria.

Ci sono dei esempi di elite e cervelli africani: Tidjane Thiam ex CEO del Crédit Suisse oppure Stanislas Zézé l’uomo alle calze rosso, economista ad avere creato la prima agenzia di rating in Africa Occidentale “Bloomfield Investment Corporation” tutti due ivoriani e senza dimenticare il nigeriano Aliko Dangoté, businessman secondo Forbes il più ricco in Africa.  La nuova classe dirigente vuole un rapporto paritario quindi “win win”.

Nessuno deve dire cosa è buono e non per loro, hanno la capacità di prendere loro destino in mano in questo “tournant historique”. La nebbiosa letteratura sulla politica africana, scritta e pensata all’occidente non è più rilevante per gli africani. Si assumeranno la loro responsabilità.Oggi sono decompessati e vogliono assumere loro destino. L'Africa si sveglierà con le nuove generazioni. In Africa la democrazia all’europea non ha deluso come pensano alcuni politologi, dipende quale angolazione la si vuole vedere.

Nella foto: il generale Thiani l’uomo forte del Niger e il presidente francese Macron.

Laurent De Bai - Agenzia Stampa Italia 

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