(ASI) Sono cominciati domenica scorsa i lavori del 20° Congresso del Partito Comunista Cinese (PCC), evento chiamato ad aprire una nuova fase per la principale forza politica del gigante asiatico e, di conseguenza, per la nazione stessa. Intervenuto nella giornata inaugurale di fronte ai 2.296 delegati votati dalle unità elettorali nelle varie province del Paese e agli 83 delegati invitati speciali, il presidente Xi Jinping ha presentato, come da consuetudine, un rapporto riassuntivo del lavoro compiuto dal Comitato Centrale del PCC nel quinquennio concluso, indicando i propositi e gli obiettivi per il successivo.
Il documento, intitolato Tenere Alta la Grande Bandiera del Socialismo con Caratteristiche Cinesi e Lottare Uniti per Costruire un Moderno Paese Socialista in Tutti gli Aspetti, ha ripercorso tutti i traguardi raggiunti dalla Cina durante l'ultimo lustro, su tutti il completamento della costruzione di una «società moderatamente prospera», ma anche le grandi difficoltà attraversate, prima tra tutte la pandemia che ha messo più volte in pericolo l'economia nazionale così come, del resto, quella globale.
In questi cinque anni - ha ricordato Xi - il Comitato Centrale ha perseguito una strategia di rinnovamento nazionale, compattando l'intero partito, l'esercito e il popolo per guidarli ed accompagnarli nella reazione ad evoluzioni internazionali gravi ed intricate, oltre ad una serie di sfide e rischi di enorme portata. In tale difficile contingenza, il raggiungimento di un obiettivo centenario come quello della società moderatamente prospera, fissato molti anni prima proprio per l'anno del centenario del PCC (2021), e il definitivo sradicamento della povertà assoluta rappresentano, nelle parole del leader cinese, «imprese storiche» che «resteranno per sempre nella storia della nazione cinese» e che «influenzeranno profondamente il mondo».
I dati, effettivamente, parlano chiaro. Con un prodotto interno lordo pari a circa 17.460 miliardi di dollari nel 2021, l'economia cinese è la seconda al mondo, dopo gli Stati Uniti. Ad oggi, il PIL cinese vale il 18,5% dell'economia mondiale, una quota cresciuta del 7,2% negli ultimi dieci anni e che è destinata ad aumentare ulteriormente nel prossimo quinquennio. Quale prima potenza del pianeta per scambio di beni, il colosso asiatico è inoltre diventato il principale partner commerciale di oltre 140 tra Paesi e regioni.
Eppure, non si tratta solo di numeri. A partire dal 13° Piano Quinquennale (2016-2020), il modello di sviluppo cinese ha avviato un epocale processo di trasformazione. Sistematizzando ed accelerando progetti e dinamiche già in corso, la leadership di Xi Jinping si è focalizzata sulla qualità, concetto che - dopo almeno un trentennio di crescita velocizzata ma sbilanciata - ha rimesso al centro con decisione la necessità di risolvere le due principali contraddizioni emerse nel Paese sino a quel momento: lo squilibrio tra la crescita dei fattori di produzione e le esigenze della popolazione, ed il divario di sviluppo tra le regioni orientali e quelle occidentali.
Principale motore di questo profondo cambiamento è stato ed è tutt'ora l'innovazione, raggiunto grazie ad un ecosistema per le imprese [e le start-up] profondamente migliorato e ad un sistema scolastico ed universitario in crescita.
Nel primo ambito, tra il 2010 e il 2020, l'indice della facilità di fare impresa, calcolato annualmente dalla Banca Mondiale in base a specifici parametri amministrativi, giudiziari, fiscali ed infrastrutturali, ha visto la Cina salire dall'89° al 31° posto in assoluto, principalmente per effetto di due novità determinanti: da un lato, la riforma strutturale dell'offerta, avviata nel 2015 allo scopo di semplificare il quadro normativo in materia di iniziativa economica e ridurre il carico fiscale sulle piccole e medie imprese; dall'altro, la nuova legge sugli investimenti esteri, entrata in vigore il primo gennaio 2020, che ha parificato il trattamento per le società straniere operanti in Cina.
Nel secondo ambito, l'ultima classifica del programma PISA, redatto ogni tre anni dall'OCSE per valutare gli studenti quindicenni tramite appositi test in scienze, lettura e matematica, vede gli adolescenti cinesi primeggiare nel mondo con un punteggio pari a 1.763, cui soltanto i coetanei singaporiani riescono a tenere il passo (1.669). Tra gli atenei, malgrado il primato assoluto spetti ancora alle più celebri università statunitensi e britanniche, l'Università Tsinghua e l'Università di Pechino sono entrate nella top-20 della classifica di Times Higher Education (THE) piazzandosi rispettivamente al 16° e al 17° posto, davanti all'Università di Toronto e all'Università Nazionale di Singapore.
Durante la sua relazione, Xi Jinping ha sottolineato ai delegati la centralità del Pensiero sul Socialismo con Caratteristiche Cinesi per una Nuova Era, la dottrina che porta il suo nome e che fu inserita proprio cinque anni fa nello Statuto del PCC e nella Costituzione della Repubblica Popolare. Il Sogno Cinese, introdotto dallo stesso Xi nei primi anni del suo mandato presidenziale, resta dunque vivo più che mai: realizzare la «modernizzazione socialista» entro il 2035 e fare della Cina una «grande e moderna nazione socialista che sia prospera, forte, democratica, culturalmente avanzata, armoniosa e meravigliosa» entro la metà di questo secolo.
Il principo-guida - ha proseguito il leader cinese - è ancora legato al marxismo, purché il PCC continui ad adattarne il contenuto al contesto cinese e alle esigenze dell'attualità, per dare vigore e contenuti ad una «filosofia di sviluppo centrata sul popolo». Una contraddizione, almeno in apparenza, per un governo che ha conferito e sta ulteriormente conferendo al mercato un ruolo determinante nel processo di allocazione delle risorse e dei fattori di produzione. Eppure, chi conosce storia, idee ed opere del più grande riformatore del secolo scorso, cioè Deng Xiaoping, e del suo "mentore" Liu Shaoqi, non può stupirsi. Sebbene ancora prevalentemente incompreso in Occidente, quello dell'economia socialista di mercato, sistematizzato nel 1993 sotto la presidenza di Jiang Zemin, resta un modello di estrema attualità nel dibattito odierno, soprattutto in Asia.
Oltre l'economia in senso stretto, la leadership cinese sembra consapevole che nulla può essere lasciato al caso. I cambiamenti economici, infatti, produrranno cambiamenti sociali e culturali, specie tra le generazioni più giovani e ancor più visibilmente tra quelle venture. Le esigenze dei giovani cinesi di oggi e di domani non sono e non saranno le stesse di quelli di ieri o dell'altro ieri. Non vanno però confuse le acque con la nostra idea di libertà. La costruzione della democrazia in Cina, per oggettive ragioni storiche e socio-culturali, non potrà seguire i criteri, le modalità e le tempistiche dei Paesi occidentali. Xi ha rimarcato che il partito dovrà continuare a rafforzare le istituzioni rappresentative, sviluppare pienamente la democrazia consultiva, consolidare e promuovere il fronte patriottico unito nella forma più ampia possibile.
Non solo il PCC, dunque, ma anche gli altri otto partiti presenti all'Assemblea Nazionale del Popolo, così come le forze sociali e le organizzazioni civili attive nel Paese, hanno il compito di traghettare la società cinese verso un processo di consolidamento dello stato di diritto. «Dobbiamo imprimere un ruolo più incisivo allo stato di diritto nel consolidare le fondamenta, nel garantire stabili aspettative e fornire benefici di lungo termine», ha detto Xi a questo proposito, aggiungendo un riferimento alla necessità di migliorare il sistema giuridico socialista con caratteristiche cinesi, fondato sulla Costituzione, migliorare costantemente l'amministrazione governativa basata sul diritto, assicurare un'amministrazione della giustizia rigida ed imparziale, e promuovere sforzi per applicare lo stato diritto all'intera società.
Tra le esigenze dei giovani, come un po' in tutto il mondo, spicca la salvaguardia dell'ambiente, altro punto focale del mandato di Xi Jinping. La priorità per il presidente cinese è quella di agire spinti dal principio secondo cui «acque pulite e montagne rigogliose sono risorse inestimabili» e di «mantenere l'armonia tra umanità e natura nella pianificazione dello sviluppo». Nel 2020, la quota di energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili in Cina è salita al 28,8% del totale. L'obiettivo dichiarato lo scorso giugno è quello di arrivare al 33% entro il 2025, così da raggiungere 1 miliardo di tonnellate equivalenti di carbone. Più in generale, già nel 2019, la Cina si era affermata al primo posto nel mondo per mole di investimenti ($83,4 mld) in ricerca e sviluppo nel settore dell'energia pulita, davanti a Stati Uniti (55,5), Giappone (16,5), India (9,3) e Brasile (6,5).
Uno dei comparti maggiormente investiti dalla transizione energetica è indubbiamente la mobilità, sia di breve che di medio e lungo raggio: un ambito in cui varie aziende cinesi stanno sviluppando treni ad alta velocità sempre più efficienti, intere flotte di autobus e taxi elettrici, skytrain, minibus e taxi a guida automatica. Il presidente ha posto l'accento sugli sforzi che il Paese dovrà compiere per accelerare la transizione verso un modello di sviluppo green, intensificare la prevenzione e il controllo dell'inquinamento, migliorare gli ecosistemi in termini di diversità, stabilità e sostenibilità, e lavorare attivamente e con prudenza verso il raggiungimento del picco di emissioni di CO2 e della neutralità carbonica.
Andrea Fais - Agenzia Stampa Italia