Le stesse connivenze tra Turchia e Jihadisti (libici e Tunisini) in Siria si sono riscontrate nelle zone a preminenza Curda, dove nel luglio scorso si è aperto un nuovo fronte della guerra civile tra Jihadisti e Curdi. Nei mesi successivi, inoltre, grazie anche all’intervento di Hezbollah al fianco delle Forze regolari e delle subentrate pressioni internazionali dovute all’imprimatur di Putin a Obama sul “non intervento” armato in Siria, il fronte dei ribelli si è indebolito e, tra l'ESL e i miliziani jihadisti le divergenze sull'amministrazione dei territori conquistati degenerano in scontro aperto. Grazie all'appoggio della Turchia e dell'Arabia Saudita nasce un nuovo gruppo jihadista composto esclusivamente da non-siriani: lo Stato Islamico di Iraq e Sham (SIIS).
Partendo dalla semplice insinuazione sulle intenzioni di Erdogàn a dare maggiore moralità ed etica islamica di comportamento alla gioventù turca, la deriva islamica (cioè stato teocratico!) che Erdogàn ha instaurato nel paese appare sempre più evidente. Dal punto di vista geostrategico le cose, però, non si stanno mettendo tanto bene per la Turchia, proprio perché la Siria, così com’è apparso sin dall’inizio, è divenuta una pedina dello scacchiere mediterraneo di interesse vitale per entrambi i “rami” dell’Islam: quello Sunnita e lo Sciita. A causa della posizione strategica della Siria, il perdurare della guerra civile, ha coinvolto i paesi confinanti e l'intera comunità internazionale. Anche se quanto mai difficile comprendere la cultura araba - islamica, oggi appare sempre più evidente che sia l'Iran sia l'Iraq cercano di sostenere il Presidente Al Assad, in modo da poter creare una macroregione che arriva fino al Libano degli Hezbollah. Il fronte dei ribelli è invece tuttora sostenuto dalla Turchia e dai Paesi sunniti del Golfo, in particolare Arabia Saudita e Qatar. Gli Stati Uniti, che sino a ieri sono apparsi sempre al fianco dell’Arabia Saudita e del Qatar, dopo l’intervento della Russia, sono sempre più orientati ad applicare i lineamenti strategici di Obama sul “leading from behind”, cioè non apparire mai in prima persona, ma fornire solo finanziamenti di appoggio all’opposizione siriana.
Nel contempo però, sul fronte interno in Siria, la guerra civile oltre alla contrapposizione Regolari – Opposizione, vede aprirsi un secondo fronte ben più complesso di quello ufficiale: Jihadisti contro Opposizione. Il futuro della Siria? Difficile da prevedere, ma certamente al momento non di importanza prioritaria.
Visto, infatti, che l’articolo inizia con un intervento dell’Unione Europea, nasce spontanea la domanda: ma oltre alle ramanzine della Commissione, l’Europa in Mediterraneo che fine ha fatto?
A guardare non solo quanto accade in Turchia e in Siria, ma anche tutte le altre nazioni oggetto di sconvolgimenti istituzionali: Egitto, Libia, Tunisia, ci si rende conto che il vero problema dell’intera area è il “confronto culturale” che emerge sempre più, talvolta divenendo “scontro” all’interno stesso delle fazioni più radicali, tra una maggioranza conservatrice moderata, di estrazione culturale Mediterranea, e la cultura islamica dell’Origine del mondo arabo-islamico, che per contro si rifà a modelli di vita sociale ante – medioevo. L’urgenza primaria dell’intera area mediterranea del nord Africa e Medio Oriente non è, dunque, trovare un partner commerciale o aiuti militari o quant’altro di finanziario o materiale, bensì un’Europa altrettanto Mediterranea che aiuti queste nazioni ad aprirsi al “dialogo interculturale”, in modo tale da poter ritrovare la propria identità scegliendo chiaramente tra sistemi di Governo di matrice “teocratica” o le forme di democrazia multi identitarie.
Si, si parla soprattutto d’Europa perché gli USA, da tempo ormai, hanno ampiamente dimostrato che i loro interessi primari vanno sempre di più verso il Pacifico. Per il Mediterraneo hanno già indicato i loro partner privilegiati: l’Arabia Saudita e il Qatar da una parte e Israele dall’altra, valutando, forse impropriamente, che l’Europa ormai deve fare soprattutto da sola!
Fabio GHIA per Agenzia Stampa Italia
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