(ASI) Apparentemente la risposta potrebbe apparire ovvia ed a favore del mercato, in un mondo globalizzato come quello in cui viviamo, ma se analizziamo un po’ meno superficialmente la questione, la risposta che a prima vista appare scontata non è invece tale.
Innanzitutto c’è da considerare che proprio a causa della globalizzazione che ha abbattuto le distanze e di conseguenza le separazioni tra nazioni, già ora viviamo tecnicamente in regime di un’autarchia che coinvolge tutto il pianeta, solamente che, in questo contesto e così come esso è organizzato, si producono degli scompensi economici, finanziari, produttivi e sociali che hanno come causa e motore il mero profitto e non tengono in alcun conto gli altri aspetti del convivere in una società civile!
Le merci non ci arrivano da altri pianeti alieni, ma da quei Paesi che hanno con noi rapporti commerciali e cioè da tutto il globo terrestre.
Le differenze enormi che contraddistinguono i prezzi di quelle merci prodotti nei cosiddetti Paesi in via di sviluppo rispetto a quelli delle produzioni nostrane sono determinati esclusivamente dalla arretratezza sociale in cui quei Paesi versano, arretratezza che i pochi, ricchissimi investitori e speculatori occidentali, tendono a mantenere perché più è alto tale differenziale e più sono alti i loro profitti.
Per questo essi amano tanto il “mercato”.
La conseguenza di una tale situazione, per i nostri Paesi, è il crollo delle produzioni industriali, dei posti di lavoro e degli investimenti con un immiserimento pesante e progressivo che va di pari passo con l’aumento delle importazioni a basso prezzo dai Paesi emergenti.
Le nostre esportazioni di prodotti ad alta tecnologia nei Paesi emergenti, se riequilibra in parte e solo in parte, il deficit commerciale, non riesce ad equilibrare il deficit occupazionale stante la grande differenza di occupazione che esiste tra queste produzioni e quelle manifatturiere che patiscono quella concorrenza insostenibile.
La risposta non può essere certamente un’autarchia così come essa era intesa prima del recente sviluppo industriale e prima della globalizzazione, ma può senz’altro esserlo se si modulerà secondo le nuove esigenze con schemi moderni ed attualizzati.
Lo strumento principale dovrebbe essere, secondo noi, l’applicazione di dazi progressivi per macroregioni di omogeneo sviluppo industriale, sociale ed economico in modo da creare una diga che permetta lo sviluppo dei Paesi emergenti senza però sconquassare l’economia e l’occupazione di queste macroregioni.
Insomma, lasciare vivere e sviluppare gli altri, ma non a scapito della nostra distruzione ..!!
Certamente dovremmo rivedere i nostri standard di livello di vita che oggi sono anche determinati dallo sfruttamento indecente ed inumano di quei differenziali economici, produttivi e sociali sui quali abbiamo lucrato e sui quali abbiamo vissuto per anni, ma alla lunga converrebbe anche a noi perché si ristabilirebbe un modo di vivere consono alle nostre reali possibilità e non più in balia del mercato e di una schiera di speculatori internazionali il cui fine è solamente il loro profitto alla faccia del benessere della società e della civiltà!
Insomma, vivere con il nostro.
Il nostro lavoro, le nostre materie prime, le nostre capacità, senza pretendere che altri ci mantengano e senza sottostare ai diktat dell’usura e della speculazione internazionali!
A qualcuno può fare comodo un’umanità omogeneizzata, senza differenze, amorfa e dominata dal denaro o meglio dai padroni del denaro. A noi NO..!