(ASI) Roma, - “Ora più che mai, è necessario che il Governo metta in campo un nuovo strumento a sostegno delle imprese, affinché siano nelle condizioni di poter rispondere, fin da subito, alle gravi problematiche in cui potrebbero venirsi a trovare i propri lavoratori. Le problematiche conseguenti al conflitto tra Russia e Ucraina, l'innalzamento dei costi delle materie prime, oltre che del gas e dell’energia, stanno portando le aziende a bloccare le attività, pur avendo commesse acquisite, perché molti dei materiali necessari ad ultimare i lavori, non si trovano o, spesso, le commesse acquisite ante crisi diventerebbe diseconomico portarle a termine.
Gli imprenditori sono quindi costretti a lasciare a casa i lavoratori, pur non avendo carenza di lavoro e pur con commesse acquisite che alla, luce dei costi attuali, sarebbe materialmente impossibile gestire se non con profondissime ed ingenti diseconomicità e con tutte le più evidenti conseguenze sul futuro delle aziende stesse e sulla loro tenuta sul mercato i cui negativi riverberi si sostanzierebbero sui lavoratori e su evidenti, quanto palesi, ipotesi di fallimento di queste imprese. Ad oggi, le predette condizioni non sono comprese nel novero delle causali per il possibile ricorso agli ammortizzatori sociali anche perché le predette improvvise ed imprevedibili condizioni il nostro Codice le elenca nel cosiddetto rischio di impresa. E allora cosa fare? Attendere inerti che le Aziende falliscano o pensare ad emettere provvedimenti urgenti e straordinari che possano creare nuovi strumenti di sostegno al reddito o ridurre il costo del lavoro e gli oneri riflessi in siffatte straordinarie situazioni? L'attuale impianto normativo ha bisogno di deroghe. La legge di bilancio 2022 ha infatti riformato la normativa in materia di ammortizzatori sociali in costanza di rapporto di lavoro, contenuta nel decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 148, prevedendo un aumento dei sussidi di disoccupazione e un'estensione degli istituti d'integrazione salariale ordinari e straordinari ai lavoratori di imprese che ne erano esclusi, ma per evitare che non si contino solo i morti di una guerra, da tutti condannata, ma anche i fallimenti di tante aziende, in un momento di così grande enpasse delle imprese italiane, che si trovano in un paradosso (hanno il lavoro ma non possono gestirlo per effetto degli aumenti sconsiderati e non prevedibili degli ultimi periodi), l'unica risposta che auspichiamo dal Governo di concerto con le Organizzazioni Sindacali,è un intervento forte che tenda a ridurre, nei casi succitati, il costo del lavoro tanto da evitare chiusure improvvise ma soprattutto evitando che gli eventuali mancati oneri che le aziende potrebbero risparmiare con l'intervento straordinario del Governo, non vengano poi comunque resi oggetto di costo a carico della Collettività per effetto del ricorso alla CIG per chiusure parziali o totali a delle aziende. E' uno scenario già visto nel periodo della crisi americana, dove le imprese che non ebbero l'aiuto del Governo, di concerto con le organizzazioni sindacali, furono costrette a ridurre i costi del lavoro con accordi collettivi dove gli unici a pagare il prezzo più alto furono proprio i lavoratori! Quello scenario non possiamo che immaginare di non doverlo rivedere! - Così Nino Carmine Cafasso, Presidente AIS (Associazione Imprese di Servizi), Giuslavorista e Consulente del Lavoro.