Filiera del lusso, la più colpita dalla guerra. Romualdo Pettorino (CNA Campania): “Due le strade, variegare i mercati e promuoverne la nazionalizzazione”

Pettorino su filiera lusso(ASI)  - Ormai è chiaro, l’economia di guerra ci ha trascinato tutti indietro nel tempo di almeno mezzo secolo. A nulla sono valsi gli sforzi di oltre 50 anni di progresso, intermediazione e ipertecnologia; l’attuale mercato contempla i beni di prima necessità, compreso il comparto energetico, mentre tutto il resto è pazzescamente superfluo.

La guerra, dopotutto, è anche questo, e nel nostro Paese i distretti del Made in Italy, moda, preziosi, artigianato d’eccellenza, l’industria turistica, sono alla canna a causa delle sanzioni contro la Russia, ma non solo, anche per l’incredibile incertezza sul futuro dell’economia globale. La più martoriata delle filiere, oltre alla moda è sicuramente quella dei preziosi che ha nell’Est del mondo i più accaniti fan e soprattutto buyers. Sanzioni a cascata e congelamento di beni agli oligarchi hanno generato oltre ad un vero e proprio anatema nei confronti di facoltosissimi inquilini del pianeta, ma una sorta di bolla  nella quale il tempo si è praticamente fermato.

“E’ diventato tutto troppo complicato - esordisce Romualdo Pettorino, coordinatore del settore orafo per CNA Campania - lo stesso concetto di internazionalizzazione è sottoposto alle leggi dello ‘status quo’, che non è affatto ordinario”. L’imprenditore che tra le altre cose è un gemmologo di fama internazionale, ha poi continuato: “ E’ si un momento buio per la storia del mondo, ma da circostanze del genere possono nascere anche opportunità inattese. Due esempi tra tutti - ha spiegato Pettorino - il Sistema Italia è ad un bivio; abbiamo un paio di alternative di cui il settore che rappresento porta avanti da tempo ormai.

Da una parte abbiamo la possibilità di indirizzare verso altri mercati, non con la velleità di aggirare la guerra, ma solo di variegare l’offerta e l’indirizzo delle stessa; l’altra, quella spendibile da subito, è pensare a nazionalizzare i nostri prodotti d’eccellenza, istituzionalizzandone il valore intrinseco. Questo significa promuovere in Italia il prodotto italiano, e non aspettare che la consacrazione venga dall’estero. In una economia di guerra questo è il minimo che si possa fare per evitare il default del Sistema Paese”. “Su questo versante - ha poi concluso il rappresentante di CNA - invito il governo a ripensare e riformulare la progettualità del Pnrr che, sa da una parte deve andare adesso a colmare i gap energetici che possono crearsi, dall’altra deve soccorrere le imprese che sono purtroppo passate dalla crisi pandemica alla crisi bellica: in poche parole dalla padella alla brace ardente”.

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