(ASI) Verona - Strette tra la riduzione dei margini di intermediazione e i parametri di Basilea le banche guardano con interesse ai servizi alternativi alla credito, tra cui la consulenza anche fiscale.
Sono i Commercialisti del Triveneto a lanciare l’allarme sulla indipendenza e sulla responsabilità della banche, che negli ultimi anni hanno attivato una serie di servizi nei più svariati ambiti, da quello assicurativo a quello della consulenza alle imprese e che ora guardano con interesse ai servizi fiscali.
Le dichiarazioni di Lando Maria Sileoni, segretario generale F.A.B.I. che il 9 marzo scorso ha affermato che “le banche devono conquistare nuove attività da altri comparti come la consulenza fiscale.” aprono ad una serie di valutazioni sulla tipologia di servizio che gli istituti di credito potrebbero offrire ai clienti.
“Il primo requisito fondamentale di una buona consulenza – Replica Alberto Mion, Presidente della Conferenza Permanente dei 14 Ordini dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili delle Tre Venezie – sia in ambito fiscale che in ambito societario, è indubbiamente quello dell’indipendenza del consulente, rispetto a qualsiasi altro tipo di interesse.”
Il ragionamento è semplice. Un istituto bancario è anzitutto un fornitore delle aziende alle quali fornisce credito, coperture assicurative e spesso una serie di prodotti finanziari di vario genere. Risulta facilmente intuibile che, nel caso in cui la banca si trasformasse anche nel consulente amministrativo e fiscale dell’azienda, questo potrebbe creare non pochi conflitti rispetto al suo ruolo principale di fornitore di credito.
Per questo i Commercialisti paventano il rischio che le banche, erogando consulenza anche in ambito fiscale, sarebbero propense a suggerire ai clienti soluzioni da cui trarre per prime un vantaggio immediato, invece che curare gli interessi dell’impresa cliente. “In questo senso sarebbe utile sapere – continua Mion – se, a parità di situazione e cliente, banche diverse consiglierebbero le medesime soluzioni all’imprenditore, oppure se ciascuna banca sarebbe portata a suggerire soluzioni in linea con i propri prodotti, le proprie attività e le proprie politiche aziendali, per perseguire il profitto del proprio istituto di credito.”
In sostanza, rilevano i commercialisti, si perderebbe quel carattere di terziari età e di indipendenza previsto dalla legge per il ruolo professionale.
Il secondo aspetto critico è collegato alla responsabilità professionale. Nel caso del professionista, questa è collegata al singolo che ne risponde.
Quali responsabilità avrebbe il dipendente della banca, per le soluzioni date ai clienti in materia fiscale? Si domanda il presidente dei commercialisti del Triveneto. Quali soggetti della struttura bancaria potrebbero essere chiamati a risponderne? Con quali logiche? Sarà l’istituto o il singolo dipendente?
In sostanza ci si potrebbe trovare di fronte ad un istituto che suggerisca ai clienti soluzioni con un forte rischio legale o eventualmente sconvenienti per il cliente senza chiarezza su chi dovrebbe rispondere del danno arrecato o addirittura senza possibilità di comprendere su chi il cliente dovrebbe rivalersi.
“Il Conflitto di interesse – prosegue Mion - potrebbe poi essere anche più grave. Poniamo infatti che un cliente decida di procedere contro il proprio istituto per il danno arrecato da una consulenza fiscale sbagliata. Chi garantirebbe il cliente che l’istituto non deciderebbe di interrompere o cambiare i normali rapporti di fornitura del credito?”
Uno degli elementi essenziali per un ordinato sviluppo dell’economia è il rispetto della specificità e dei ruoli degli operatori economici, che è fondamentale per assicurare un servizio più efficace al cliente e per evitare situazioni di conflitto di interesse.
“Il settore del credito riveste in un ruolo fondamentale e strategico per lo sviluppo economico – chiosa Mion – proprio in forza di questa centralità, che peraltro da taluni viene già considerata come un fattore critico, è importante che gli istituti considerino con attenzione aree di sviluppo di business. Se da un lato infatti – conclude Mion – l’apertura a nuovi servizi di consulenza potrebbe apparire una via per evitare dolorose riduzioni di organico, i vantaggi per gli istituti potrebbero essere molto minori di quelli che, forse troppo superficialmente, sono stati immaginati.”
Redazione Agenzia Stampa Italia