Secondo incontro all'interno del ciclo di seminari “Bioetica: il confine tra l'uomo e la ricerca”
(ASI) Si è tenuto in questo secondo pomeriggio di marzo, presso l'Aula Magna della Facoltà di Farmacia il secondo incontro all'interno del ciclo di seminari, “Bioetica: il confine tra l'uomo e la ricerca”.
Moderatore, il Dott. Massimo Allegrucci, relatori, il Prof. Paolo Puccetti (Presidente del Comitato Universitario di Bioetica e docente di Farmacologia Generale presso l'Università degli Studi di Perugia); la Prof.ssa Stefania Stefanelli, (docente di Istituzioni di Diritto Privato) e la Dott.ssa in Medicina del lavoro, Elena Sapia.
Con il termine contraccezione si vuole indicare l'insieme delle tecniche anticoncezionali, ovvero dei mezzi impiegati per impedire o ridurre la probabilità che si verifichi una gravidanza. Fra i requisiti di un anticoncezionale vi sono: la sicurezza, la semplicità d'uso, la bassa incidenza di effetti collaterali indesiderati, il costo accettabile, la minima interferenza con la dinamica del rapporto sessuale, la reversibilità o riavvio della fertilità nel caso in cui ne venga sospeso l'uso.
I docenti sono intervenuti affrontando un tema di grande attualità e assai dibattuto nella società odierna: Contraccettivi: dal consenso all'aborto. Negli ultimi anni, la Medicina ha fatto molti passi avanti, offrendo più sicurezze a coloro che consumano l'atto sessuale e maggiore tutela alle donne che affrontano la gravidanza; sull'altro fronte si sono schierati gli uomini di fede che mal sopportano i rimedi che contrastano con la concezione religiosa del parto e della sessualità.
Vale la pena soffermarsi sul primo intervento, effettuato dal Prof. Puccetti, che ha saputo coinvolgere l'uditorio, incentrando la sua analisi sulla pillola abortiva, la RU 486, da lui stesso definita “questione sensibile, in quanto riferita all'esistenza di cose e argomentazioni soggette all'arbitrio individuale”.
Il messaggio finale che il Professore ha voluto trasmettere con il suo intervento riguarda la Bioetica, come unica forma possibile di mediazione fra varie istanze.
Sono molte le 'questioni sensibili' sulle quali è utile spendere qualche parola, fra queste vi è 'l'ignoranza' che costituisce una minaccia importante e attualmente imperante. L'ignoranza passiva è risultato di un atteggiamento passivo, mentre quella attiva deriva dal comportamento invasivo dei media che, spesso, mettono 'in bocca' a finti esperti espressioni che non appartengono loro.
Secondo elemento che potremmo far rientrare fra le questioni sensibili concerne la 'tradizione culturale'. L'aborto era, in una prima fase, considerato un evento privato e del tutto personale. Ai tempi dell'Antica Grecia, la madre aveva assoluto potere decisionale, in tema di interruzione di gravidanza, poiché il feto era Pars viscerum matris (parte delle viscere della madre). L'avvento del Cristianesimo segna uno spartiacque, poiché l'embrione acquista valore, come oggetto di Dio. A tal proposito, nel 405 d. C., Innocenzo X dichiarava 'il concepito persona fin dal suo inizio'.
Il XIX secolo 'vede' la nascita della biologia e della teoria cellulare; nella seconda metà dell'Ottocento Denis Diderot affermava che “Uno Stato è tanto più potente quanto più è popolato e quanto più numerose sono le braccia impiegate nel lavoro e nella difesa.” E' così che l'aborto diviene un fatto pubblico e si inizia a salvaguardare le nascite per favorire l'incremento demografico e il consequenziale sviluppo economico del Paese.
Negli anni Settanta, con la diffusione del movimento femminista, si assiste alla rivendicazione da parte delle donne a compiere delle scelte e a decidere autonomamente. Con la legge 194 (22 maggio 1978)vengono sancite le norme per la tutela sociale della maternità e per l'interruzione volontaria della gravidanza (IVG). Sarà lo sviluppo del Fideismo a mettere in crisi i sostenitori della ragione, facendo prevalere la concezione di fede su quest'ultima e facendo vacillare molte certezze. Più di recente Papa Benedetto XVI si è espresso in tema di contraccezione, dichiarando che in alcuni singoli casi l'uso del profilattico risulta giustificato. “Quando una prostituta lo usa e questo può essere primo passo verso una moralizzazione.”
La RU 486 , scoperta all'inizio degli anni Ottanta, come alternativa all'aborto chirurgico ha provocato e continua a provocare molte polemiche. Attualmente viene utilizzata nel 30% delle interruzioni volontarie di gravidanza. Nel 2005, l'OMS (Organizzazione mondiale della sanità) ha inserito la pillola abortiva nella lista dei farmaci essenziali e, nel 2009, questa è stata definitivamente approvata.
E'evidente come la tradizione culturale abbia fatto emergere le nostre sensibilità e, senza dubbio, la tematica di cui si è lungamente discusso richiede un tentativo di mediazione da parte della Bioetica, affinché si possa arrivare ad una conciliazione fra i sostenitori dell'aborto farmacologico (che sembrerebbe risparmiare l'invasività chirurgica alla donna e i mesi di estenuante attesa)e coloro che lo contestano.
L'intervento del Professor Puccetti, sollevando un dibattito 'interiore' che coinvolge le nostre coscienze, ha fatto calare ciascuno di noi nel ruolo di protagonista e di artefice del proprio destino. E'importante trarre spunti di riflessione da tematiche attuali e, in parte, destabilizzanti ed è fondamentale capire fin dove l'uomo sia in grado di spingersi e, soprattutto, sia desideroso di farlo.
E'inevitabile che dalla tematica relativa alla pillola abortiva, scaturiscano riflessioni e approfondimenti che 'abbracciano' argomenti ad essa correlati, come quello trattato dalla Prof.ssa Stefanelli, relativo all' Autodeterminazione e interruzione volontaria della gravidanza.
La docente di Istituzioni di Diritto privato ha focalizzato la propria ricerca sull'aspetto giuridico della tematica in questione. Prima della legge 194 del 1978, l'aborto era considerato reato dal codice penale italiano. Successivamente, con lo sviluppo del criterio di autodeterminazione, (inteso come diritto di poter scegliere in merito alle questioni della sessualità e della riproduzione), si è giunti a considerare non punibile l'interruzione volontaria di gravidanza (o aborto provocato). Questo viene praticato in buona parte del mondo e può essere giustificato da ragioni di carattere medico (malformazioni al feto, pericolo per lo stato di salute della madre), economico o sociale.
Naturalmente l'opinione pubblica è divisa di fronte a questi temi fra coloro, come le forze religiose, che considerano l'embrione essere umano a tutti gli effetti e dunque avente gli stessi diritti della madre e coloro che si fanno sostenitori dell'aborto, ritenendo che la donna, entro i limiti previsti dalla legge, possa decidere se interrompere o meno la gravidanza. La questione è ancora aperta e sicuramente continuerà a 'travalicare' i limiti imposti dalla legge.
L'ultimo intervento, che ha visto protagonista la Dottoressa Sapia, ha contribuito ad aggiungere un'ulteriore sfumatura al quadro delineato dai precedenti relatori. Il tema di quest'ultima relazione “La donna e la contraccezione nel mondo del lavoro: libertà di scelta” ha stimolato particolarmente gli studenti presenti, facendo emergere un aspetto che spesso rimane 'nell'ombra' e che merita di 'vedere la luce'.
La relatrice ha riportato l'esempio di un'azienda del territorio umbro in cui si è svolto un programma di informazione e di formazione rivolto alle donne e si è stabilito di creare un asilo all'interno della struttura aziendale per agevolare il lavoro delle neo- mamme.
Come ben tutti sappiamo, nella società odierna l'età media del parto è cambiata, poiché le donne desiderano prima ottenere la realizzazione professionale e, successivamente, mettere al mondo dei figli. La crescente instabilità occupazionale va a ledere la figura femminile, poiché ritenuta meno affidabile rispetto all'uomo, proprio per l'elevata probabilità che possa rimanere in cinta. Questo aspetto ha fatto sorgere un desiderio di riscatto nella donna che, al pari della figura maschile, vuole farsi valere nel campo lavorativo.
E' bene che tutti entrino nell'ottica di non considerare la gravidanza come una malattia, ma come un aspetto della vita quotidiana e, in virtù di ciò, è importante far passare il messaggio relativo al 'programma di promozione della salute'. Affinché la donna sia messa nelle condizioni di vivere serenamente la gravidanza e di decidere, pertanto, di non ricorrere all'aborto, bisogna che essa venga dotata delle 'armi' necessarie e delle condizioni favorevoli. Solo due parole: formazione e informazione per un Paese che deve 'imparare' e, a sua volta, 'insegnare' a crescere.
Maria Vela Valastro-Agenzia Stampa Italia