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Libri. “Lampedusa – Cronache dall’isola che non c’è”

(ASI) Ero stato a Lampedusa nei giorni caldi degli sbarchi, a marzo dell’anno del 2011. Ero rimasto impressionato. La situazione nell’isola era qualcosa di irreale. I migranti erano ovunque, in gruppi più o meno numerosi, camminavano senza una meta. Le forze dell’ordine monitoravano tutte le vie. E gli operatori umanitari erano costantemente impegnati nelle operazioni di soccorso.

E’ da poco uscito “Lampedusa – Cronache dall’isola che non c’è”, edito da Edizioni Ensemble, scritto a quattro mani da Laura Bastianetto e Tommaso Della Longa. Agenzia Stampa Italia ha contattato i due autori per porgli qualche domanda su una tematica di estrema attualità.


Nel vostro libro ci sono quindici storie. Migranti, volontari, giornalisti, forze dell’ordine e gli stessi abitanti di Lampedusa fanno da protagonisti. Pur essendo storie frutto della vostra fantasia, questo lavoro è stato ispirato grazie a persone realmente incontrate. Come è arrivata l’idea di scrivere questo libro? E perché?

Bastianetto/Della Longa: L’idea è nata subito al nostro rientro a Roma. L’esperienza a Lampedusa era stata così forte e coinvolgente che doveva essere raccontata. Ne sono state scritte tante di storie di migranti. Abbiamo così cercato una chiave diversa, quella della narrativa, per cercare di illuminare il contesto principale dell’emergenza attraverso piccole storie che raccontano le sensazioni, i pensieri, gli stati d’animo di coloro che quell’emergenza l’hanno vissuta sulla propria pelle.


Nel finale del vostro libro sembra quasi di sentire il rumore incessante dell’elicottero in sottofondo. Un rumore che ho sentito bene nei miei due giorni passati nell’isola. Ma dietro questo rumore, ci sono tragedie umanitarie e volontari che lavorano affinché tutto possa finire al meglio. “Per l'ennesimo giorno il sole va a riposarsi e si prepara un’altra notte. E' da questo pomeriggio che il vento si sta alzando: sempre più forte, sempre più velocemente. In lontananza si vedono le onde che iniziano a fare la schiuma bianca. Nulla di buono: se c'è qualche imbarcazione in mare bisogna solo sperare che arrivi nel più breve tempo possibile”. Voi eravate in prima fila nei giorni che gli sbarchi si susseguivano senza sosta. Ci raccontate la vostra esperienza?

Bastianetto: Sono arrivata a Lampedusa nel giorno in cui la macchina organizzativa finalmente ha cominciato a funzionare. Ho visto solo ciò che rimaneva della cosiddetta collina della vergogna. Tanti gabbiani sorvolavano quella collinetta dove fino a qualche ora prima avevano dormito, all’addiaccio, migliaia di tunisini. Gli sbarchi invece erano incessanti. Almeno 3 o 4 al giorno, a ogni ora del giorno e della notte. Eravamo in prima fila, pronti ad aiutare nei soccorsi e pronti a offrire il nostro primo saluto ai nuovi arrivati. Dalla Libia arrivavano barconi carichi di speranza e di dolore per un viaggio durato anche tre giorni, in condizioni disumane. Ho visto donne incinte, bambini piccolissimi, anziani. Gente venuta da tutta l’Africa nera che scappava dalla guerra e dalla fame. Diversa è invece la migrazione dalla Tunisia da dove arrivavano soprattutto ragazzi. Li chiamano migranti economici. Scappano dal loro paese per cercare lavoro e tentano di raggiungere parenti e amici sparsi per l’Europa.

Della Longa: Sono arrivato a Lampedusa mentre si iniziava a parlare di emergenza in arrivo, ma ancora non ci si sognava nemmeno quello che sarebbe successo nella famigerata “collina della vergogna”. Poi, nel giro di poche ore è cambiato tutto. Mi è impossibile dimenticare il primo sbarco, quasi 700 migranti ammassati in una carretta del mare di ferro e legno. Quando li aiutavamo a scendere tutti ci dicevano “sukran”, “grazie” e la mia risposta spontanea era “welcome in europe”, “benvenuti in Europa”: quelle parole, quei sorrisi, quegli sguardi pieni di dignità non li dimenticherò mai. Come non posso dimenticare l’inizio della collina della vergogna, quando come Croce Rossa Italiana ci è stato chiesto di spostare il nostro posto medico avanzato sul molo commerciale. Quando siamo arrivati era buio e pioveva, sul molo decine di camion. Sotto i rimorchi ci sembrava di vedere tante buste della spazzatura bianche. In realtà erano i primi migranti arrivati che usavano dei telini di plastica come coperte. Impressionante. E, infine, la forza degli operatori umanitari e la solidarietà dei lampedusani che non è mai mancata: gli isolani al massimo erano arrabbiati con le Istituzioni non con chi arrivava dal mare.


L’Europa, Italia compresa, proietta da sempre una speranza di benessere. Un benessere fazioso e non destinato ai più. Cosa ne pensate del complesso fenomeno dell’immigrazione? E delle soluzioni attuate dal nostro governo?

Bastianetto: Non ho soluzioni per un fenomeno appunto tanto complesso. Di sicuro so che in Italia non abbiamo nulla da offrire al momento, ma non mi piace la politica del rimpatrio. Mi ha fatto molto male assistere al rimpatrio di quei ragazzi tunisini che avevano pagato fior di euro per affrontare un viaggio pericoloso in cui si rischia la vita. Servirebbe un aiuto concreto da offrire direttamente nel paese in emergenza con una collaborazione tra Governi che spesso manca.

Della Longa: Ovviamente la risposta è lunga e complessa. Quello che posso dirti è che l’Italia per posizione geografica e storica non può non essere un ponte verso il vicino oriente e l’Africa. E quindi Lampedusa e le nostre coste sono e devono rimanere il primo porto sicuro per chi scappa da guerre, violenze, fame, disperazione. Forse servirebbe una legislazione europea che non lasci più da soli gli stati membri del mediterraneo nell’affrontare i flussi migratori: ci sarebbe, così, sicuramente una risposta migliore e non dovremmo più vedere scene incredibili come quelle degli incrociatori maltesi che non intervengono o fanno finta di non vedere. Il “sistema Italia” anche se in ritardo ha funzionato bene e soprattutto ha messo in piedi una risposta umanitaria che forse nessun’altro stato europeo avrebbe potuto dare.


Nella mia visita a Lampedusa ho avuto l’occasione di parlare con alcuni abitanti dell’isola. La mia sensazione è stata quella che i lampedusani, pur nella difficoltà, vivevano l’emergenza abbastanza tranquillamente. E ho avuto l’impressione che, essendoci i riflettori accesi, c’era comunque possibilità di business. Cosa ne pensate?

Bastianetto/Della Longa: Ciò che abbiamo fatto con il nostro libro è immedesimarci nelle persone, nei loro pensieri, nelle loro teste per capire ciò che davvero si prova di fronte a una tale situazione. I lampedusani sono abituati ormai agli sbarchi, ma questa volta si è toccato il limite. A fine marzo sull’isola c’erano cinquemila tunisini a fronte dei cinquemila lampedusani. Una bomba a orologeria che però non è esplosa grazie anche all’intelligenza degli isolani che per quanto potevano hanno anche aiutato i migranti provvedendo alla ricerca di coperte e viveri per quei giorni da terzomondo. C’è sempre qualche testa calda e ci hanno raccontato ad esempio della caccia allo straniero da parte di alcuni ragazzi in motorino. Ma si tratta di una minoranza come spesso succede in questi casi. Ci è stato detto che nel nostro libro ci sono solo personaggi positivi. E’ vero. Perché è quello che è emerso da quest’esperienza. Un pensiero negativo, una parola sbagliata non possono prevalere sulla solidarietà e l’accoglienza mostrata dal popolo isolano. Per quanto riguarda i continui rimproveri dei lampedusani al Governo e al mancato introito dal turismo penso che le casse dell’isola non si siano svuotate i quei giorni. Ristoranti e alberghi hanno continuato a incassare grazie ai giornalisti, medici e volontari che per mesi hanno vissuto a Lampedusa. Certo, la fotografia dell’isola che emergeva in quei giorni non gli rendeva giustizia. Ecco perché con il nostro libro abbiamo cercato anche di ridare a Lampedusa la sua bellezza. In ogni racconto spiccano le acque cristalline del mare, le cale incontaminate nascoste dagli arbusti, i locali ospitali…


Perché avete scelto “l’isola che non c’è”?

Bastianetto/Della Longa: Lampedusa in realtà è un’isola che c’è, vive e combatte 365 giorni all’anno. L’abbiamo chiamata “l’isola che non c’è” perché nei giorni che abbiamo vissuto sull’isola la sensazione era che nessuno capisse fino in fondo, né i media né tantomeno la politica, la situazione Lampedusana. E poi, il problema sostanziale è che dell’isola se ne parla solamente per l’ennesima emergenza o tre mesi all’anno per il mare e i tour operator. Subito dopo, cala il silenzio. Ma a Lampedusa i problemi sono tanti e la comunità isolana vorrebbe risposte che ogni volta latitano, come se l’isola non esistesse per davvero.


Sono iniziate le presentazioni del libro? Quali saranno i prossimi appuntamenti?

Bastianetto: La prima presentazione a Roma il 6 ottobre è andata molto bene. Giocavamo in casa e sono venute più di cento persone. Poi siamo stati a Torino e Milano e ora continuiamo con nuove tappe: Genzano, Palermo e poi un’altra volta Torino per la fiera del libro. In primavera ci piacerebbe tanto tornare a Lampedusa con il nostro omaggio all’isola.


Laura Bastianetto

Nata nel 1980 a Roma, città dove vive e lavora. Giornalista professionista, si occupa di cronaca, con particolare attenzione a quella romana per conto della testata Radio Dimensione Suono per cui lavora da cinque anni. È stata collaboratrice per il giornale “America Oggi”, quotidiano newyorkese per gli italiani in America. Voce narrante del documentario sul terremoto a L’Aquilla “Notizie dalla terra” e aiuto regista del cortometraggio “24 minuti”.
Come volontaria di Croce Rossa italiana ha prestato soccorso a Lampedusa da dove ha scritto un diario pubblicato su “Repubblica.it”.


Tommaso Della Longa

Nato nel 1980 a Roma, città dove vive e lavora. Giornalista professionista, si occupa di esteri e zone di crisi, con particolare attenzione alla guerra al confine tra Congo e Rwanda, alla questione palestinese e a quella nordirlandese. È stato direttore dell’agenzia di stampa Inedita, ha realizzato diversi reportage per Rai News 24 e collabora con “Rinascita”, “Il Riformista”, “Il Sole 24 Ore”, “Secolo d’Italia”, “Liberal”, “Area”, “radio 24” e “Radio vaticana”. Nella sua vita professionale e privata ha sempre seguito le questioni legate alla violenza delle forze dell’ordine e alle leggi speciali che hanno interessato il mondo ultras.
A marzo 2011 ha pubblicato, insieme ad Alessia Lai, per Castelvecchi - Tazebao il libro inchiesta sulla violenza delle forze di polizia “Quando lo stato uccide”.

Fabio Polese – Agenzia Stampa Italia

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