Una singolare mostra nella casa natale del poeta ricostruisce la passione di d’Annunzio per le antiche sonorità pastorali della sua terra
(ASI) PESCARA - La visione romantica del mondo pastorale, presente in molte opere, costò a Gabriele D’Annunzio anche critiche e l’ironico titolo del libro Il gregge, il pastore e la zampogna che il critico torinese Enrico Thovez, insofferente per l’opera dannunziana, pubblicò nel 1910.
Le zampogne erano allora parte integrante di quel mondo pastorale che suscitava le emozioni del Poeta, che vantava una forte sensibilità musicale. Le loro inconfondibili note, ispirarono numerosi versi e i richiami allo strumento e alle sue sonorità presenti in poesie e opere, che superano il silenzio e l’indifferenza della cultura del suo tempo.
Per ricordare il particolare rapporto con questo strumento, l’Associazione Culturale Zampogne d’Abruzzo, in collaborazione con la Soprintendenza per i Beni Storici, Artistici ed Etnoantropologici dell'Abruzzo, ha promosso nella casa natale del poeta a Pescara la realizzazione della mostra “Nell’animo l’eco delle zampogne: d’Annunzio e le sonorità dell’antico mondo pastorale”, che si concluderà l’8 dicembre 2013. Il titolo della mostra, che richiama alcuni versi del poeta, rappresenta l’omaggio del mondo degli zampognari abruzzesi a Gabriele d’Annunzio nel 150° anniversario della sua nascita, che si inserisce nel percorso di riscoperta e di rilancio dell’antico strumento simbolo del mondo pastorale, con l’obiettivo di valorizzare i valori legati alle secolari tradizioni della musica popolare.
La mostra ricostruisce momenti essenziali della storia dello strumento e la sua influenza nell’arte, nella letteratura, nella poesia e nell’iconografia, esercitata in particolar modo nell’ambito di quello straordinario fenomeno culturale, noto come Grand Tour. Attraverso documenti, partiture, libri di viaggiatori stranieri, incisioni e disegni, zampogne e ciaramelle, è rievocato un mondo che ha lasciato rilevanti tracce nella cultura europea. Stendhal, Dickens, Berlioz, Lear, Gregorovius e molti altri autori celebri hanno dimostrato interesse per gli zampognari, che con il loro repertorio hanno ispirato musicisti e compositori.
In sede di inaugurazione Lucia Arbace, Soprintendente per i Beni Storici, Artistici ed Etnoantropologici dell'Abruzzo, ha sottolineato l’influenza esercitata dalla presenza della zampogna in Abruzzo, come dimostrato anche dalla cinquecentesca scultura lignea tardo cinquecentesca raffigurante un pastore intento a suonare, proveniente dal Museo Nazionale d’Abruzzo dell’Aquila. La scultura, ha sottolineato la Arbace, scampò al sisma del 6 aprile 2009, ma in passato apparteneva alla chiesa di San Lorenzo martire di San Buono (Chieti), dalla quale fu acquistata dal Regno d’Italia nel 1938 per evitarne la dispersione sul mercato antiquariale. Peraltro non mancano tracce più antiche. E’ il caso della trecentesca statua del Pastore seduto che suona la zampogna, posta sulla facciata esterna della chiesa di Santa Maria Maggiore di Caramanico Terme.
La visita della mostra è facilitata da una serie di pannelli illustrativi, che illustrano gli stessi materiali presenti in originale. Si apprende che il poeta nella sua casa fiorentina di Settignano possedeva una zampogna “tra le reliquie della sua terra”, che probabilmente andò all’asta nel 1911, insieme ad altri oggetti e arredi, per fronteggiare i suoi debiti che lo portarono al volontario esilio francese. In seguito, al Vittoriale degli Italiani, il ricordo dello strumento fu assicurato da un’incisione di autore ignoto, raffigurante uno zampognaro alla testa di una compagnia di pellegrini. La zampogna comparve addirittura nella prima della tragedia pastorale “La figlia di Iorio”, avvenuta il 2 marzo 1904 al Teatro Lirico di Milano, nel secondo atto, nella scena ambientata alle Grotte del Cavallone, sulla Maiella. Ma quel mondo pastorale esaltato da d’Annunzio conosceva in quegli anni un rapido declino, a seguito della soppressione del pascolo forzato sul Tavoliere e alla crescente competizione del mercato internazionale della lana.
Al crollo dell’economia pastorale, che nei secoli precedenti aveva toccato punte di 8,5 milioni di capi, si devono ampi riflessi sociali, in particolare sul fronte dell’emigrazione. La secolare civiltà della transumanza si è trascinata fino agli anni Sessanta, con gli ultimi irriducibili pastori a seguire gli antichi tratturi. Con la pastorizia, scompariva anche la zampogna, strumento inseparabile del pastore di un tempo. In molti casi, questo antico strumento seguiva il pastore emigrante. Non a caso zampogne abruzzesi sono presenti in musei di vari paesi. Tra questi si segnala il Carnagie Museum of art di Pittsburgh, negli Stati Uniti, nel quale è esposta una zampogna “handmade”, ossia costruita manualmente, appartenuta ad un emigrato abruzzese, e il Museo degli Strumenti Musicali MIM di Bruxelles, in cui sono presenti strumenti riferiti alla regione costruiti a fine ‘800. Nel basso Lazio e nel Molise, il minore impatto del declino della pastorizia, ha favorito il mantenimento della presenza musicale legata alla zampogna, che oggi presenta segni di un rinnovato interesse anche in Abruzzo.
Una storia in parte legata al fenomeno dell’emigrazione, è quella della dinastia di zampognari della famiglia dei Musichini di Castellafiume, nella Marsica. Le ricerche non consentono di andare oltre Clementino Musichini, nato nel 1860, pastore, transumante nella Campagna romana. Lo stesso cognome fa comunque pensare ad un più antico radicamento della tradizione musicale. La tradizione musicale è stata tramandata al figlio Carmine e ai nipoti Giuseppe e Antonio. I figli di Carmine, Enrico e Mario, che hanno proseguito l’attività fino agli anni ottanta, sono da considerare gli ultimi zampognari di Castellafiume.
Ai Musichini di Castellafiume è dedicato un pannello presente nella mostra, che sintetizza la loro storia di persone umili, espressione del mondo agro-pastorale, con la presenza itinerante in occasione della novena di Natale, tra Abruzzo e Campagna romana, durante la quale lasciavano a quanti facevano un’offerta una “cucchiarella”, un cucchiaio di legno, da loro stessi costruito. Alcuni esemplari sono presenti nella mostra, insieme ad una zampogna appartenente probabilmente allo stesso Clementino, e costruita negli ultimi anni della sua attività. La ricerca sui Musichini permette di scoprire una grande comunità di abruzzesi emigrati nella città francese di Avignone, che hanno lasciato soprattutto Castellafiume e i confinanti paesi di Capistrello e Canistro, nella Valle Roveto. Tra questi Antonio Musichini, zampognaro. A distanza di molto tempo, il nipote Alain, nato ad Avignone nel 1962, riprenderà con successo le tradizioni musicale di famiglia. Da anni Alain è considerato infatti tra i più prestigiosi musicisti di fisarmonica (accordion, in francese), meritando l’apprezzamento del presidente François Mitterand, quando nel 1981 vinse una rassegna internazionale a Kansas City, negli Usa.
Per la sua riconosciuta fama internazionale, Alain Musichini il 24 maggio 2013 è stato ospite della serata conclusiva delle celebrazioni per il 150° anniversario della fondazione dell’industria della fisarmonica di Castelfidardo. Per chi conosce le sue origini, è possibile talvolta riconoscere in alcuni brani, nell’ambito della vasta gamma di suoni oggi consentiti dall’elettronica, influenze delle antiche sonorità della zampogna della sua terra, dove in passato ha fatto ritorno in più occasioni. Un’altra zampogna con una storia singolare è presente nella mostra a Casa d’Annunzio. Si tratta di uno strumento proveniente dal Museo Etnografico del Santuario del Volto Santo di Manoppello. Si ignora l’anonimo donatore, che sarebbe uno anziano zampognaro che un tempo raggiungeva il Santuario in occasione del Natale. Il suo gesto potrebbe essere in realtà un’espressione della devozione nei confronti del Volto Santo. Nelle vicinanze del Santuario negli ultimi anni è cresciuto un piccolo borgo, che fino agli anni Sessanta era invece isolato sulla collina. In passato era abitudine dei frati cappuccini dare ospitalità per la notte agli zampognari erranti. Altri tempi.
Questa e altre storie che tendono a ricostruire il dimenticato mondo degli zampognari del passato, sono raccontate da chi scrive in un libro dal titolo “Li chiamavano pifferari”, edito da D’Abruzzo-Menabò, in corso di pubblicazione.
La mostra è visitabile gratuitamente tutti i giorni, la mattina dalle 9 alle 13.30. Il museo sarà aperto anche nel pomeriggio del 3 dicembre, in occasione di un incontro sul Natale, previsto alle ore 18.30, con la dott. Lucia Arbace e la prof. Franca Minnucci, e con la presenza di musicisti dell’Associazione Culturale Zampogne d’Abruzzo http://www.zampognedabruzzo.it – che eseguiranno la novena di Natale e altri brani.
A conclusione della mostra, l’8 dicembre 3023, sarà ricordato, alle ore 10.45, il musicista e compositore Vittorio Pepe, amico e coetaneo di Gabriele d’Annunzio, nella ricorrenza del settantesimo anniversario della sua morte, avvenuta l’8 dicembre 1943, durante i bombardamenti che distrussero in gran parte la città adriatica, compresa la casa del maestro, sorpreso mentre era intento a suonare il suo pianoforte.
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