Il padrone e l’operaio: la storia della Fiat e il destino incrociato di due famiglie nella Torino anni ‘60
(ASI) CATANIA – Rimane in Mimmo Calopresti il dolore forte di non essere riuscito a salvare un amico. E ha usato – lui, uomo di cinema – non la pellicola ma la pagina scritta come elemento risolutivo di quell’ossessione.
Il vibrante conflitto, fisico e psicologico, si è sciolto nella staticità del foglio, approdando ad un grande affresco, duro e coinvolgente, di cinquant’anni della nostra storia. Pluripremiato regista, da “La parola amore esiste” a “L’abbuffata”, ma anche documentarista e attore, in prima linea sulle questioni sociali, Calopresti accantona per un attimo la macchina da presa ed esordisce con il romanzo in buona parte autobiografico “Io e l’Avvocato-Storia dei nostri padri”, edito in questo 2013 per i tipi Mondadori. Un’opera prima che, a ben vedere, è perfettamente coerente con la filmografia dell’artista, grazie ad una narrazione tutta giocata tra tanti parallelismi e un chiasmo, ambientata in quella “Torino Felix” anni ’60 dove, in pieno boom industriale, si costruivano speranze e si calamitavano illusioni.
Chi sia quell’enigmatico “Avvocato” è palese sin dal titolo. E al pubblico catanese lo presenterà lo stesso autore, lunedì 24 giugno alle ore 21, nella spettacolare corte barocca del Palazzo Platamone, intitolata all’attrice Mariella Lo Giudice. Calopresti sarà infatti il secondo ospite di “LibrinScena”, la rassegna di novità editoriali che il Teatro Stabile di Catania dedica al mondo della letteratura, della narrativa e del giornalismo. Lo Stabile etneo, con questa e altre iniziative, si apre così oltre la prosa ad ampi orizzonti di confronto e approfondimento con i diversi linguaggi dell'arte, proponendosi a 360 gradi come un vero e proprio istituto di cultura, secondo la linea progettuale tracciata dal direttore Giuseppe Dipasquale. La nuova edizione di “LibrinScena”, alla cui cura ha collaborato Ornella Sgroi, è sostenuta dal prezioso contributo dello Sheraton Catania Hotel. A condurre l’incontro con Mimmo Calopresti sarà la giornalista Maria Lombardo, firma di spicco della critica cinematografica. Il regista, di origini calabresi, ripercorrerà in chiave personale la contrapposizione, all’ombra della Mole Antonelliana, tra la classe proletaria e il mondo imprenditoriale, sviluppata attraverso la storia di due famiglie. Opposti, sono, infatti, Emilio e Gianni: il primo resta l’operaio, il secondo il padrone, erede dell’immenso impero Agnelli. E opposti sono i rispettivi figli: Micco s’iscrive all’università e diviene prima professore e poi regista di successo, mentre Edoardo, sfortunato e fragile, imbocca un cammino di fallimenti e disillusioni. I due, però, si sfiorano: su richiesta di don Luigi Ciotti, Micco proverà a essergli amico, ma niente e nessuno saranno in grado di sottrarlo al suo tragico epilogo. Il titolo, poi, sintetizza e la dicotomia della struttura e il cuore pulsante del racconto, che nasce da una storia di povertà, paradigmatica del profondo Sud; con un sapiente montaggio alternato, si confondono gli eventi storici, le invenzioni romanzesche e le suggestioni autobiografiche, richiamando la morbida memoria che rinvia all’infanzia, a quei sapori, a quei toni, alle sfumature della Calabria natia. “Io e l’Avvocato”, insomma, è anche storia di emigrazione, come ce ne sono tante nel Meridione. E grande è l’attenzione del calabrese per il tema, già trattato nel lungometraggio, “Preferisco il rumore del mare” del 2000 (il cui titolo riprende un verso del poeta Dino Campana) che vantava la performance di un superlativo Silvio Orlando. Anche la Fiat è elemento ben saldato nell’immaginario artistico dell’autore. «Mi ero messo a studiare con furia - scrive Calopresti - e, invece di trovare la chiarezza che cercavo, avevo aggiunto confusione a confusione. Un solo concetto era rimasto in me come un marchio indelebile: ero figlio di un operaio della Fiat. Questa definizione, quando la ripetevo, mi inorgogliva, mi sentivo uno di loro e lo sarei stato fino al giorno in cui uno di quegli uomini fosse rimasto sulla faccia della terra». “Tutto era Fiat” del 1999 è un documentario per la tv che farà conoscere Calopresti come regista impegnato sul piano civile, confermatosi, poi, con il lavoro “La fabbrica dei tedeschi”, sull’incidente di Torino alla stabilimento Thyssen Krupp. E da acuto documentarista, dunque, il Calopresti scrittore è accurato, minuzioso, attento e punta, con la sua cinepresa fatta di parole, sui dettagli, nelle case, nelle piazze e negli animi dei personaggi. Il tutto, naturalmente, accompagnato da un’adeguata colonna sonora: i Clash, Guccini e i Nomadi… Il successivo appuntamento con LibrinScena è per lunedì 1 luglio con Viola Di Grado e il suo “Cuore cavo”. Sempre al Cortile Platamone, sempre alle ore 21.
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