(ASI) “Non credevamo ai nostri occhi. Io sono indignata dall’operato di chi ha fatto la perizia (…) come si può agire con tanta indifferenza, è una vergogna”. Sono le parole di Claudia Budroni, che così commenta la restituzione della macchina di suo fratello Dino alla famiglia.
Per i familiari e gli amici era apparso subito chiaro che Dino era morto in circostanze poco chiare: orari che non coincidono, incongruenze nelle perizie, testimonianze discordanti. E ora anche quello che, da una famiglia già duramente provata per un lutto incomprensibile, viene vissuto come un nuovo abuso.
Per Claudia Budroni, suo fratello è stato “di nuovo moralmente colpito” dalla scarsa, se non nulla, attenzione riservata dai periti alla sua automobile, tornata ai suoi familiari con gli sportelli divelti e danni incomprensibili.
“Esistono cacciaviti per togliere delle semplici viti!” fa osservare Claudia mostrando le foto della Focus di Dino, che per i suoi familiari, comprensibilmente, non è solo un oggetto ma un filo che li tiene ancora legati a questo figlio e fratello morto a causa di una vicenda piena di ombre.
Una storia “inverosimile, come inverosimili sono i comportamenti di tutti gli attori di questo assurdo film”, ha dichiarato Claudia. Il processo all’agente di Polizia che ha sparato inizierà il 1 ottobre del 2013.
Alessia Lai – Agenzia Stampa Italia