(ASI) Ha ragione o no la Vibonese a pretendere la riammissione alla serie C? O deve rimanere in serie D dove è precipitata dopo i play out dello scorso campionato? Dopo diversi mesi di sentenze, ricorsi, rinvii, ancora non si sa. Pippo Caffo, il presidente della società rossoblù, è fortemente amareggiato per tutto quello che sta avvenendo. Se ha torto, se la sua richiesta non è meritevole di essere accolta lo vorrebbe sapere.
Con qualche motivazione. E invece nulla, tutti sfuggono, nessuno decide nel merito. E la cosa incredibile è che l’unico giudice che ha deciso nel merito gli ha dato ampiamente ragione. E’ un caso emblematico di quello che avviene tutti i giorni a molti cittadini quando hanno a che fare con una giustizia (sportiva o ordinaria cambia poco) lenta, macchinosa, costosa, inconcludente. L’unica decisione nel merito, dicevamo, è della Corte Federale d’Appello della Figc che ha accolto in pieno il ricorso della società calabrese e ha modificato la classifica finale del precedente campionato di Lega Pro, retrocedendo il Messina all’ultimo posto, salvato la Vibonese e ordinato la riammissione del club calabrese in serie C. Il Messina, che l’anno precedente non aveva regolarizzato la iscrizione, e per questo era stato retrocesso dalla Corte, in estate, di fatto, aveva già rinunciato a partecipare alla C perché, per gravi problemi finanziari, si era iscritto direttamente tra i dilettanti, in serie D, quindi la sentenza della Corte non toccava gli interessi della società peloritana. Sembrava una storia conclusa, peraltro senza arrecare danni a nessuno. E invece no. C’è stata, singolare e sorprendente, contro la decisione della Corte d’Appello Federale, un ricorso congiunto, al Collegio di Garanzia del Coni, da parte di Carlo Tavecchio, presidente della Figc e di Gabriele Gravina, presidente della Lega. E il Collegio di Garanzia del Coni, invece di respingere, perché chiaramente inaccettabile, il ricorso di Tavecchio e Gravina, ha deciso di non decidere e con un provvedimento ambiguo ha annullato la decisione dell’Alta Corte (cioè il reintegro della Vibonese in serie C) e ha rinviato gli atti e la questione al Tribunale Federale nazionale, che già si era espresso almeno altre due volte, in pratica, il tentativo di ricominciare d’accapo, in un gioco dell’oca perverso, vessatorio e intollerabile. Perché lo ha fatto? Non si sa. Le motivazione tardano ad arrivare (una volta, addirittura, sono arrivate dopo 11 mesi!) ma la Vibonese, come si capisce facilmente, non potendo aspettar ancora, ha deciso di uscire dall’ambito della giustizia sportiva e si è rivolta a quella amministrativa, con un ricorso al Tar. Perché i campionati corrono. In serie D siamo alla sesta giornata e in C all’ottava giornata. Ma il Tar non ravvede il fumus boni iuris né il periculum in mora, invocati dagli avvocati e respinge, con una ordinanza, la domanda cautelare, spiegando, in particolare, che “il danno prospettato da parte del ricorrente appare recessivo rispetto all’interesse della Figc e della Lega nell’ordinato svolgimento dei due campionati di serie D e Serie C, ormai iniziati”. Non entrando ancora una volta nel merito, sfuggendo alla domanda di giustizia, i magistrati sostengono che il danno della Vibonese è latente, quasi virtuale, rispetto all’interesse della Figc e la Lega Pro, ignorando il quesito fondamentale: la Vibonese ha ragione o no? Caffo, la Vibonese, i tifosi, la città, si erano rivolti al Tar per avere giustizia, si chiama infatti ancora così “giustizia amministrativa”. E invece nulla. Non si entra mai nel merito. Non si potrà sapere mai se la Vibonese ha ragione. Adesso si spera nel Consiglio di Stato. In attesa di fare un esposto alla Procura della Repubblica perché valuti se i comportamenti omissivi e colposi di alcuni soggetti intervenuti nella querelle, possano essere considerati reati perseguibili penalmente.
Impregnate d’amarezza, ma improntate alla massima determinazione le dichiarazioni di Pippo Caffo: “Noi andremo avanti fino a quando sarà fatta giustizia. Percorreremo tutte le strade: amministrative, sportive, ordinarie, anche penali se sarà necessario. La questione incomprensibile di questa vicenda è che Federazione e Lega Pro si sono rifiutate di eseguire un provvedimento della Corte Federale d’Appello, esecutivo secondo le norme sportive, che aveva accertato che il Messina aveva giocato fino alla fine campionato senza fideiussione. Ci chiediamo perché? Qualcuno ci spieghi perché per la prima volta nella storia il Presidente federale e la Lega Pro hanno impugnato un provvedimento del massimo organo di giustizia della Federazione. Per la prima volta una società si trova come avversari la propria Federazione e la Lega di appartenenza in un caso dove avrebbe dovuto averle come alleate. Andremo fino in fondo per avere delle risposte alle nostre domande! Qualcuno prima o poi - ha concluso il presidente - ci dovrà delle spiegazioni”.
Fortunato Vinci – Agenzia Stampa Italia