(ASI) Ultimus sed non postremus, per completezza espositiva vanno richiamate anche le motivazioni esposte dalla Corte di Cassazione, Sez. III, nella pronuncia n. 21230 del 20 ottobre 2016, che ha riaffermato con forza il principio secondo cui ai fini della risarcibilità del danno da perdita del congiunto, non è necessario che sussista una situazione di convivenza.
Nella fattispecie che ci occupa, tale pronuncia appare di fondamentale importanza per le motivazioni addotte e la puntuale e per certi versi feroce critica mossa al suo precedente difforme (Cass. 16 marzo 2012 n. 4253), tali da portarci a ritenere che ci si trovi dinanzi non ad un contrasto di giurisprudenza, ma ad un autentico e definitivo revirement della Cassazione.
Ed infatti il Giudice di legittimità ha evidenziato :
di non condividere il suo precedente orientamento restrittivo difforme (Cass. 16 marzo 2012 n. 4253) in quanto seppur occorre conciliare il diritto del superstite alla tutela del rapporto parentale con l’esigenza di evitare il pericolo di una dilatazione ingiustificata dei soggetti danneggiati secondari, tuttavia il dato esterno ed oggettivo della convivenza non può essere elemento idoneo a bilanciare le evidenziate contrapposte esigenze;
ha affermato che le sentenze gemelle del 2003 (Cass. 31 maggio 2003 nn. 8827 e a 8828) hanno ridefinito, rispetto alle opinioni tradizionali, presupposti e contenuti del risarcimento del danno non patrimoniale ed hanno fornito una lettura costituzionalmente orientata dell’art. 2059 c.c.;
ha ritenuto che in tale contesto risulta non condivisibile limitare la società naturale della famiglia cui fa riferimento l’art. 29 Cost. all’ambito ristretto della sola cosiddetta “famiglia nucleare”, incentrata su coniuge, genitori e figli;
ha affermato che il nostro ordinamento non solo include i discendenti in linea retta tra i parenti (art. 75 c.c.) e riconosce tra nonni e nipoti uno stretto vincolo di parentela (v. art. 76 c.c., quanto al computo dei gradi) ma prevede nei confronti dei discendenti e viceversa una serie di diritti, doveri e facoltà (art. 317-bis c.c.) da cui risulta l’innegabile rilevanza anche giuridica, oltre che affettiva e morale, di tale rapporto;
ha affermato, pertanto, che perché possa ritenersi risarcibile la lesione del rapporto parentale (per morte del congiunto) subita da soggetti estranei al ristretto nucleo familiare (quali i nonni, i nipoti, il genero, o la nuora) non è necessario che sussista una situazione di convivenza.
Questa impostazione è stata condivisa dalla giurisprudenza su larga scala, tant’è che le tabelle giurisprudenziale di nuova generazione per la liquidazione dei danni non patrimoniali hanno esteso la platea dei congiunti legittimati attivi.
Ed infatti, già nella versione delle Tabelle Milanesi del 2009, redatte dall’Osservatorio per la Giustizia Civile di Milano, poi aggiornate nel corso degli anni, l’ipotesi risarcitoria dei nonni per la perdita di nipoti è stata espressamente inserita quale fattispecie generale, senza prevedere quale requisito legittimante la convivenza.
Vien da sé che tale riconoscimento naturalmente comporta lo speculare riconoscimento della tutela risarcitoria dei nipoti per morte del nonno, stante la simmetricità della relazione.
Uguale riconoscimento si rinviene nella “tabella liquidazione del danno non patrimoniale da morte di un congiunto” elaborata dal Tribunale di Roma (sia nella versione del 2009 sia nei successivi aggiornamenti), ove è contemplata non solo la legittimazione attiva dell’avo e del nipote, ma anche quella dello zio , del cugino.
Vi è da dire che anche per queste ultime categorie sopramenzionate la convivenza non si pone quale elemento costitutivo della pretesa risarcitoria, bensì unicamente quale fattore rilevante ai fini della quantificazione dei pregiudizi non pecuniari.
Si può pertanto concludere anche con riferimento ai parenti ed agli affini in questione che il criterio per la selezione delle cd vittime secondarie aventi diritto al risarcimento del danno, pur nella varietà degli approcci, è quello della titolarità di una situazione qualificata dal contatto con la vittima che normalmente si identifica con la disciplina dei rapporti familiari, ma non li esaurisce necessariamente, dovendosi anche dare risalto a certi particolari “legami di fatto”.
Francesco Maiorca – Agenzia Stampa Italia