(ASI) "Carlo Calenda torna a dare il peggio di sé, stavolta indignato per un coro ironico partito da giovani manifestanti contro il riarmo. 'Se si va in guerra, al fronte va Calenda' – cantavano, con quella lucidità e intelligenza che troppo spesso manca a certi professionisti della retorica bellicista.
Calenda si affretta a bacchettarli dai suoi canali social, evocando la necessità di 'adeguati investimenti in difesa' per evitare la guerra. Geniale. Sarebbe come dire che per prevenire gli incendi bisogna buttare benzina. L'ex enfant prodige del centrismo italiano, oggi instancabile paladino delle lobby militari, finge di ignorare che la guerra si prepara proprio accumulando armi, siglando patti atlantici e destinando miliardi alla NATO mentre si tagliano scuola, sanità e servizi pubblici. I "ragazzi inconsapevoli", come li chiama con paternalismo offensivo, hanno capito benissimo: non vogliono essere carne da cannone per gli interessi geopolitici delle potenze. Quanto alla famigerata "bandiera ucraina strappata", Calenda ne parla come se si fosse compiuto un atto di lesa maestà. Tranquillo, nessuno ha invaso un Paese o bombardato una città: si tratta di un gesto simbolico, magari discutibile, ma certo meno grave dell'uso che lui e i suoi amici fanno ogni giorno delle bandiere – per coprire missili, affari e retorica patriottica da salotto buono. Calenda invoca "onore" per chi combatte. Bene: dia il buon esempio. Lasci le poltrone, abbandoni i social, e vada lui al fronte. Ma non quello mediatico.Chi si deve vergognare non sono i ragazzi che manifestano per la pace, ma chi fomenta la guerra da salotto, chi gioca a fare lo stratega globale con la vita degli altri, chi chiede missili invece di stipendi, scuole e case". Lo dichiara in una nota Giovanni Barbera della Direzione nazionale di Rifondazione Comunista.