(ASI) - Attualmente in Italia, i magistrati definiti come pubblici ministeri (PM) e giudici, appartengono allo stesso ordine, ma hanno funzioni diverse e complementari. I pubblici ministeri sono i magistrati che rappresentano lo Stato, nelle vesti di accusa e hanno il compito di condurre le indagini preliminari, attraverso la raccolta e la presentazione in tribunale di prove a carico dell’imputato, per poi proporre condanne o patteggiamenti.
Il giudice invece è il soggetto imparziale che decide se l’imputato è colpevole oppure innocente. È il magistrato che presiede il processo, che valuta le prove in carico all’imputato e che emette le sentenze nei suoi confronti. Pubblici ministeri e giudici, seguono lo stesso percorso formativo e nel corso della carriera, e nel corso della loro carriera, seppur con alcune limitazioni, posso decidere di passare dal ruolo di giudice a quello di PM.
La riforma della separazione delle carriere voluta dal Governo, intende distinguere nettamente i percorsi professionali dei magistrati, sin dall’accesso con due concorsi pubblici distinti, dando luogo a due carriere autonome, due ordini professionali e due CSM Consigli superiori della magistratura (giudicante e requirente). La riforma prevede anche la creazione dell’Alta Corte disciplinare, come organo autonomo garante dei procedimenti disciplinari nei confronti delle due carriere. L'intento della riforma è quello di produrre un maggiore equilibrio tra accusa e difesa, procurando una terzietà rafforzata del giudice, riducendo così possibili situazioni di ingerenza e interferenza tra i due ruoli. Con la nuova riforma infatti, non ci sarà più commistione di ruoli: il giudice sarà sempre un arbitro imparziale, mentre il PM sarà parte processuale, rompendo la percezione che “il magistrato che accusa, non può far parte dello stesso corpo di chi giudica”. D’altro canto gli oppositori temono principalmente un indebolimento dell’autonomia della magistratura e in particolare una potenziale influenzabilità da parte della politica nei confronti del CSM dei PM, che prevede cha la composizione di un terzo dei componenti e il vicepresidente, siano “laici” estratti a sorte da un elenco appositamente predisposto dal Parlamento. La paura dell’opposizione è che possa conformarsi il rischio di controllo politico del pubblico ministero, introducendo una maggiore difficoltà ad agire contro i poteri forti.
Il 16 gennaio 2025 la Camera ha approvato la proposta di legge sulla separazione delle carriere, che ha così ottenuto il primo via libera. I piani del Governo puntano a farla diventare legge entro il 2025, sono infatti necessarie due deliberazioni da parte di entrambe le camere, a distanza di almeno tre mesi tra ognuna, come prevede l’art. 138 della Costituzione riguardante le Garanzie costituzionali.
Carlo Armanni - Agenzia Stampa Italia