CGIA Mestre: Le microimprese pagano l’energia il 165% in piu’ delle grandi aziende. La povertà energetica delle famiglie è massima in Calabria, Basilicata, Molise e Puglia 

(ASI) Le microimprese[1] – che costituiscono il 95 per cento del totale delle attività economiche presenti nel Paese in cui è impiegato, al netto del pubblico impiego, il 42 per cento circa degli addetti – nel primo semestre del 2024[2] hanno pagato l’energia elettrica oltre due volte e mezzo in più delle grandi imprese[3] (pari al +164,7 per cento).

Se agli artigiani, ai piccoli commercianti e alle piccolissime imprese con consumi inferiori ai 20 MWh all’anno il costo ha raggiunto, al netto dell’Iva, i 348,3 euro al MWh, le grandi imprese, con consumi che oscillano tra i 70mila e i 150mila MWh all’anno, hanno pagato “solo” 131,6 euro al MWh (vedi Tab. 1). A denunciarlo è l’Ufficio studi della CGIA.

  • Abbiamo le bollette della luce più care dell’Eurozona

A differenza degli altri Paesi dell’Area dell’Euro, il prezzo dell’energia elettrica in capo alle nostre microimprese è il più alto di tutti. Se in Italia nel primo semestre del 2024 il costo in euro per MWh era di 348,3, la media dei 20 paesi monitorati dall’Eurostat ha toccato i 294 euro per l’Italia è il 18,5 per cento in più).   Tra i nostri principali competitor, ad esempio, il costo per le piccolissime imprese è superiore a quello  tedesco del 5,8 per cento, al francese del 38 per cento e allo spagnolo del 43,2 per cento (vedi Tab. 2).

  • In tutta UE le micro pagano molto di più delle big company

La disparità di prezzo che viene applicata tra le micro e le grandi imprese non è una “distorsione” solo italiana. Anche nel resto d’Europa le differenze di costo premiano i grandi a discapito dei piccoli. Se, come dicevamo più sopra, da noi le microimprese pagano l’energia elettrica il 164,7 per cento in più rispetto alle big company, in Germania il differenziale è del +136,2 per cento, in Spagna del quasi +200 per cento e in Francia del +242 per cento (vedi Tab. 1). Detto ciò, va segnalato che rispetto ai nostri principali concorrenti, da noi il peso economico/occupazionale delle micro imprese è talmente elevato da non avere eguali nel resto d’Europa.

  • Perché in Italia i piccoli sono più penalizzati

 

In merito alle tariffe dell’energia elettrica, ad aver aumentato lo storico differenziale tra piccole e grandi imprese ha contribuito l’entrata in vigore nel 2018 della riforma degli energivori. L’effetto prodotto da questa novità legislativa, che prevede un costo agevolato dell’energia elettrica per le grandi industrie, di fatto ha ridotto notevolmente a queste ultime la voce “tasse e oneri”, ridistribuendone il carico a tutte le altre categorie di imprese escluse dalle agevolazioni.  E’ altresì vero che, a seguito delle misure messe in campo successivamente dal Governo Draghi, questo gap si è ridotto. Va altresì ricordato che nel mercato libero le offerte di prezzo possono interessare solo la componente energia; le altre voci di spesa - come le spese di trasporto, gli oneri di sistema[4], la gestione del contatore etc. - sono stabilite periodicamente dall’Autorità per l’Energia e sono uguali per tutti i fornitori.

  • Incidono le tasse e gli oneri

Rispetto agli altri paesi europei, ad appesantire le nostre bollette della luce sono, in particolare, il peso delle tasse e degli oneri che da noi incide, sul costo al MWh, per il 18,4 per cento, contro il 14,7 in Germania, l’8,5 per cento in Spagna e il 3,5 in Francia. L’incidenza media presente nell’Eurozona è del 9,6, poco meno della metà della quota presente in Italia (vedi Tab. 3). Se invece la comparazione la facciamo tra piccolissime e grandi imprese italiane, con il costo totale dell’energia elettrica pari a 100, l’incidenza delle tasse/oneri e anche dei costi di rete[5] in capo alle micro è tre volte superiore a quella riconducibile alle grandi realtà produttive (vedi Graf. 1).

  • Nel 2024 prezzi del gas e dell’energia in calo, ma in ripresa nel 2025

Rispetto ai dati medi registrati nel 2023, l’anno scorso sia il prezzo del gas (-13,8 per cento) sia quello dell’energia elettrica (-14,6 per cento) hanno subito una sensibile contrazione (vedi Tab. 4). Tuttavia, a partire dagli ultimi mesi del 2024 sino ad oggi, i prezzi sono tornati a salire costantemente; la media dei primi 25 giorni di questo mese ci segnalano che il costo medio del gas naturale ha toccato i 54 euro per MWh (vedi Graf. 2), mentre quello dell’energia ha raggiunto i 152 euro per MWh (vedi Graf. 3). Se confrontiamo questi dati con quelli relativi allo stesso mese del 2024, il primo è cresciuto del +93 per cento, il secondo del +73 per cento. Certo, nulla a che vedere con i picchi massimi toccati ad agosto del 2022 quando il gas raggiunse i 233 euro e l’energia elettrica i 543 euro.

  • Oltre 5 milioni di italiani in povertà energetica (PE). La metà è al Sud

Sono quasi 2,4 milioni le famiglie italiane in povertà energetica (PE). Stiamo parlando di 5,3 milioni di persone che nel 2023 vivevano in abitazioni poco salubri, scarsamente riscaldate d’inverno, poco raffrescate d’estate, con livelli di illuminazione scadenti e con un utilizzo molto contenuto dei principali elettrodomestici bianchi[6]. I nuclei familiari più a rischio sono costituiti da un elevato numero di persone, che si trovano in condizioni di disagio economico e le abitazioni in cui vivono sono in cattivo stato di conservazione. A livello territoriale la situazione più critica si verifica in Calabria, dove il 19,1 per cento delle famiglie, composte da quasi 349mila persone, si trovava in condizioni di PE. Seguono la Basilicata (17,8 per cento) il Molise (17,6 per cento), la Puglia (17,4 per cento) e la Sicilia (14,2 per cento). Le regioni, invece, meno interessate da questo fenomeno sono il Lazio (5,8 per cento del totale delle famiglie), Friuli Venezia Giulia (5,6 per cento) e, in particolare, Umbria e Marche (entrambe con il 4,9 per cento). Due anni fa, il dato medio nazionale era pari al 9 per cento (vedi Tab. 5). A dirlo è l’Ufficio studi della CGIA che ha elaborato i dati estrapolati dal Rapporto OIPE 2023[7].

  • Identikit del capofamiglia in PE: disoccupato, pensionato o autonomo

Le principali condizioni professionali del capofamiglia che si trova in PE sono, in linea di massima, tre: disoccupato, pensionato solo e in molti casi, sottolinea la CGIA, quando lavora lo fa come autonomo. Va infine sottolineato che i nuclei più a rischio PE, soprattutto nel Sud, sono quelli che utilizzano il gas quale principale fonte di riscaldamento. Coloro che invece utilizzano altri combustibili (bombole a gas, pellet, gasolio, legna, kerosene, etc.), presentano valori percentuali di rischio più contenuti.

 Tabella Microimprese povertà energetica

 

[1]Attività con meno di 10 dipendenti e un fatturato o bilancio annuo inferiore ai 2 milioni di euro.

[2] Ultimo dato disponibile.

[3] Sono definite tali le attività che superano almeno due dei tre criteri riportati di seguito:

- totale dello stato patrimoniale di oltre 25.000.000 euro;

- ricavi netti delle vendite e delle prestazioni di oltre 50.000.000 euro;

- numero medio dei dipendenti durante l’esercizio di oltre 250.

[4] Comprendono 4 voci:

a)    per energie rinnovabili: tasse, oneri, imposte o contributi relativi alla promozione delle fonti di energia rinnovabile, all'efficienza energetica e alla cogenerazione (il 55% del totale nel 2023 per le microimprese);

b)    per tasse ambientali: tasse, oneri, imposte o contributi relativi alla qualità dell'aria e ad altri scopi ambientali; tasse sulle emissioni di CO2 o di altri gas serra; questa componente include le accise (il 16% del totale nel 2023 per le microimprese);

c)    "capacity taxes": tasse, oneri, imposte o contributi relativi ai pagamenti per la capacità, alla sicurezza energetica e all'adeguatezza della generazione (il 9% del totale nel 2023 per le microimprese);

d)    per altro: tasse, oneri, imposte o contributi non ascrivibili alle categorie precedenti: sostegno al teleriscaldamento; oneri fiscali locali o regionali ecc. (il 20% del totale nel 2023 per le microimprese).

 

[5] Comprendono il trasporto e i costi di gestione del contatore.

[6] Frigorifero, congelatore, lavatrice, lavastoviglie, asciugatrice, etc.

[7] L’OIPE, Osservatorio Italiano sulla Povertà Energetica, è network di ricercatori ed esperti provenienti da Università, enti ed istituti pubblici e privati. E’ ospitato dal Centro Studi di Economia e Tecnica dell’Energia “Giorgio Levi Cases” dell’Università di Padova. L’Osservatorio è presieduto dalla prof.ssa Paola Valbonesi (Università degli Studi di Padova), assistita da un comitato esecutivo, e i suoi membri sono ricercatori, docenti ed esperti, provenienti da diverse istituzioni italiane e straniere. L’indicatore di povertà energetica è una misura oggettivo-relativa che rivede l’approccio inglese LIHC con due differenze; si usano dati effettivi di spesa derivanti dall’indagine ISTAT della spesa delle famiglie e si includono quelle in condizione di deprivazione e spesa per il riscaldamento/raffrescamento nulla. 

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