(ASI) Polemiche in Messico per il progetto di riforma costituzionale proposta dal governo che prevede l'elezione con voto popolare di oltre 1.600 giudici e magistrati federali. Una misura in particolare che sta suscitando più di un malumore, tanto che oggi è iniziato uno sciopero dei lavoratori del settore giudiziario.
Un’astensione dal lavoro che il presidente uscente, Andrés Manuel López Obrador (Amlo), ha definito “illegale” pur assicurando che l’esecutivo rispetterà la protesta popolare.
“Non succederà nulla, non succederà nulla e, per quanto ci riguarda, rispetto assoluto del loro sciopero, della libertà: la legge stabilisce, loro lo sanno, che quello che fanno o stanno per fare è illegale”, ha spiegato il primo mandatario parlando con la stampa.
Più nello specifico il progetto di riforma proposto dal governo prevede l'elezione con voto popolare di oltre 1.600 giudici e magistrati federali, nonché la creazione di un tribunale disciplinare separato dal Consiglio della magistratura. Secondo i manifestanti, però queste misure “pregiudicherebbero l'indipendenza della magistratura”.
L'Associazione nazionale dei magistrati di circoscrizione e dei giudici distrettuali del ramo giudiziario (Jufed) ha riferito che una consultazione effettuata ha prodotto un risultato di 1.202 voti a favore dello sciopero, con 201 contrari, da qui la decisione di convocare lo sciopero.
Una nota diffusa dal Jufed precisa che “i dialoghi nazionali sulla riforma giudiziaria organizzati dal Congresso non hanno consentito la partecipazione effettiva dei giudici federalie in diversi forum è stato impedito l'intervento dei magistrati.Questi dialoghi non hanno consentito una partecipazione effettiva dei giudici federali e in diversi forum è stato impedito l'intervento dei magistrati e le discussioni chiave sono state interrotte”.
Da parte sua, López Obrador ha assicurato che la riforma non incide sui diritti dei lavoratori, ma “al contrario, li avvantaggia” ribadendo che “esiste corruzione nella magistratura, soprattutto tra alcuni giudici, magistrati e ministri della Corte Suprema”.
Fabrizio Di Ernesto - Agenzia Stampa Italia