(ASI) Washington – La Casa Bianca ha da poco reso nota la nuova Strategia di Sicurezza Nazionale. Si tratta del documento programmatico con cui l’amministrazione targata Joe Biden intende rilanciare il ruolo degli Stati Uniti all’interno di un sistema di potenza globale mai così tanto in fibrillazione.
“Ci siamo rinnovati costantemente. Più volte abbiamo dimostrato come non ci sia una sola cosa che non possiamo fare quando ci muoviamo uniti” ha annunciato trionfale Biden. Il presidente è reduce da una tornata elettorale a tinte fosche. In seguito alle elezioni di medio termine i Democratici sono riusciti a conservare il controllo del Senato. Alla Camera dei Rappresentanti, tuttavia, essi dovranno fare i conti con la maggioranza di segno opposto dei Repubblicani. Questi ultimi, comunque, non possono certo dire di aver stravinto: il loro ristretto margine conquistato ha deluso molte aspettative.
Nonostante un Congresso spaccato e un’opinione pubblica estremamente polarizzata, dunque, la Strategia di Biden è chiamata a ricollocare Washington nel mezzo dei grandi eventi in grado di mutare il corso della storia. Dalla guerra in Ucraina al cambiamento climatico, dal pericolo costante del terrorismo agli effetti destabilizzanti dell’inflazione, dalla riemersione dei cosiddetti “nazionalismi” al riassestamento degli equilibri di potere, la Casa Bianca promette di plasmare un mondo “libero, interconnesso, sicuro, prospero” basato sul rispetto del diritto internazionale e sulla tutela dei diritti umani fondamentali.
Ecco allora che la divulgazione del documento diviene un’occasione preziosa per fare appello all’unità nazionale americana, per inviare un segnale chiaro all’ala estremista dei Repubblicani e ai simpatizzanti del rinvigorito Donald Trump. Al contempo, nell’ambito della politica estera è difficile non intravedere un secco altolà ai due grandi contendenti sempre più insofferenti verso le istanze egemoniche statunitensi. Per questo motivo, nel testo ufficiale ricorrono spesso riferimenti alla Russia che “viola spregiudicatamente le leggi internazionali e rappresenta una minaccia concreta per la collettività”. Non mancano, inoltre, allusioni esplicite alla Cina di Xi Jinping, rea di “rimodellare l’ordine internazionale tramite il potere economico, diplomatico, militare e tecnologico”.
Eppure, Biden non ha dubbi: “Guardando al futuro mi ritengo ottimista. Posso dire da che parte sta l'America. L’America è impegnata a costruire un futuro migliore”. Forte di una lunga carriera istituzionale alle spalle, il presidente sa che per poter fare la voce grossa esternamente è indispensabile prima rafforzarsi dall’interno. E il consolidamento passa, in primo luogo, per un modello industriale innovativo capace di combinare l’avanzamento tecnologico con la protezione delle infrastrutture critiche di energia e gas, con la messa in sicurezza delle fonti di approvvigionamento, con la sostenibilità ambientale. La Strategia punta in secondo luogo sulla valorizzazione del capitale umano, ossia su azioni pratiche orientate all’eguaglianza sociale, dall’assistenza sanitaria all’istruzione e allo sviluppo delle competenze individuali.
A parere di Biden non esiste benessere senza l’osservanza di principi democratici basilari come pluralismo, inclusività, garanzia delle libertà e dei diritti civili. Non manca una stoccata all’ala trumpiana dei Repubblicani che non ha mai accettato l’esito delle consultazioni del 2020: “Come americani dobbiamo essere tutti d'accordo sul fatto che il verdetto del popolo va sempre rispettato e difeso”. In relazione alle scorse elezioni presidenziali c’è spazio anche a una frecciata contro le dibattute mosse del Cremlino: “Non tollereremo alcuna interferenza nel nostro sistema elettorale”.
Un apparato militare moderno e resiliente è indispensabile a tutelare sia la vita quotidiana delle persone sia - in un’ottica di ampio spettro - la sopravvivenza della nazione. La Strategia menziona corposi investimenti in tecnologie avanzate e nell’intelligenza artificiale. Ribadisce, poi, una dottrina che in passato ha attirato su Washington numerose critiche a opera delle cancellerie alleate: “Non esiteremo a usare la forza per salvaguardare i nostri interessi nazionali”. Conscio del malcontento sovente generato da operazioni militari unilaterali, Biden non esita, però, a specificare: “Ricorreremo alla forza solo in ultima istanza”.
A proposito delle relazioni con gli alleati, un ruolo primario è conferito alla diplomazia multilaterale. Servendosi dello strumento del dialogo, l’ambizione di Biden consiste nell’intessere una “coalizione inclusiva” con gi interlocutori che maggiormente condividono gli interessi e il sistema valoriale a stelle e strisce. Una coalizione saldamente edificata sull’aderenza alle norme internazionali, sulla collaborazione fruttifera con le principali istituzioni globali quali le Nazioni Unite, la Nato, la Banca mondiale, il Fondo monetario internazionale.
Una coalizione coesa, insomma, strutturata sui bisogni e le particolarità di sei aree geografiche distinte: “Nel ventunesimo secolo la nostra sicurezza, la nostra prosperità, le nostre stesse libertà sono interconnesse come mai prima. Pertanto, dobbiamo lavorare insieme come mai prima”. Dall’Indo-Pacifico all’Unione europea, dal continente americano al Medio Oriente e Nordafrica fino all’Artico, l’amministrazione Biden promette di rimboccarsi le maniche. Assicura di prendere le redini e intavolare trattative vantaggiose per tutti nei settori politico, economico-finanziario, sociale e militare.
In ballo vi è la stabilità dell’ordine mondiale, identificata dalla Casa Bianca con la conservazione della preminenza statunitense: “Siamo ancora convinti che lavorando insieme possiamo piegare il corso della storia in direzione di un mondo più libero e giusto per tutti i nostri figli. Non siamo testimoni passivi, noi siamo gli autori della storia”. Una storia oggi più che mai complessa e sfaccettata, dove lo scoppio di nuove pandemie si unisce all’ombra dei fondamentalismi religiosi, ai precari equilibri finanziari, alla lotta spietata per l’accaparramento di materie prime e risorse energetiche.
Ma le due principali priorità globali da affrontare rimangono senza dubbio Pechino e Mosca. A tal riguardo, la Strategia si concentra sulla cooperazione con gli alleati per “competere in maniera vigorosa ma responsabile con la Cina”. Da Taiwan a Hong Kong, Washington si impegna a non lasciare inascoltate le disperate grida di aiuto in favore dell’indipendenza e di una effettiva transizione democratica. Al contempo, resta aperto il dialogo multilaterale su questioni di scottante attualità come il clima, la difesa dalle pandemie, la lotta alla criminalità organizzata internazionale, il contrasto alla crisi alimentare globale.
Assai più spigolosa si presenta, invece, la questione delle relazioni con il Cremlino. Si tratta di contenere “la minaccia immediata e persistente alla pace e alla stabilità internazionale” incarnata dalla “politica imperialista russa”. La Strategia riafferma ancora una volta la volontà americana a supportare militarmente ed economicamente l’Ucraina nell’intento di “rendere la guerra della Russia un fallimento strategico”. Il messaggio a Putin è forte e chiaro: “Gli Stati Uniti difenderanno ogni centimetro del territorio Nato. Risponderemo alle azioni russe se mineranno i nostri interessi. Non permetteremo alla Russia di ricorrere alle armi nucleari”.
Mentre il mondo torna indietro negli anni e sprofonda nel clima teso tipico della Guerra Fredda, la Strategia 2022 cerca di conferire rinnovato prestigio all’immagine degli Stati Uniti. La speranza di Biden è quella di sopraffare l’agguerrita opposizione dei Repubblicani e lo spettro di Trump, surclassare la drammatica eco delle bombe che insanguinano l’umanità in nome di una pace duratura a regia statunitense.
Le bombe, però, continuano a cadere senza pietà. L’epoca dell’armonia e della stabilità appare ancora fin troppo lontana.
Marco Sollevanti – Agenzia Stampa Italia