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Dietro il fumo dei lacrimogeni e delle camionette che vanno a fuoco, c'è una società in cancrena




Dietro il fumo dei lacrimogeni e delle camionette che vanno a fuoco,  c’è una società in cancrena


di Fabio Polese




(ASI) Tutti sono stati capaci a dire la loro e a condannare gli incidenti di Roma. Pochi, al contrario, si sono domandati il perché e in quale contesto sono avvenuti.

Da destra, seguendo la solita sceneggiatura dell’ordine e della sicurezza, sono arrivate immediatamente le condanne e si è parlato di punire severamente gli autori della guerriglia. Roberto Maroni, ministro dell’interno, ha difeso e solidarizzato con le forze dell’ordine dichiarando: “Quello che è successo a Roma è un fatto di inaudita gravità che va condannato da tutti senza esitazioni. Ringrazio ancora una volta le forze dell’ordine, il prefetto, il questore perché solo grazie ad un’equilibrata gestione dell’ordine pubblico si è evitato che ci scappasse il morto. Il rischio era concreto perché i violenti si sono volutamente fatti scudo del corteo”. Il senatore Maurizio Gasparri, ha precisato: “Quanto è successo a Roma non è frutto del caso o dell’improvvisazione. Caschi, bastoni, maschere antigas ed altre attrezzature da guerriglia erano in dotazione a migliaia di manifestanti che non sono stranieri o fantomatici black bloc, ma appartenenti a ben note organizzazioni dell’estrema sinistra”.

Dalla sinistra, invece, sempre intenta ad apparire democratica e civile, sono arrivate all’unisono le prese di distanza. Nichi Vendola di Sinistra Ecologia e Libertà ha detto: “L’obiettivo della violenza teppistica che è andata in scena a Roma era colpire la manifestazione. Volevano togliere il diritto di parola a migliaia di ragazzi, uccidere la speranza che il dissenso radicale possa diventare politica. Il giudizio su questo teatro del nichilismo distruttivo deve essere più che netto: questa violenza è il vero nemico da battere”. In una nota di Giovanni Barbera, membro della direzione romana di Rifondazione Comunista – Federazione della Sinistra si legge: “Ragazzi incappucciati che avevano dato fuoco ad alcune auto e devastato alcuni locali di Via Cavour sono stati cacciati e malmenati dagli stessi manifestanti. La cosa anomala è che alcuni di loro si sarebbero rifugiati dietro i blindati delle forze dell’ordine in via dei Serpenti, da quanto riferiscono alcuni manifestanti presenti ai fatti. Li avrebbero fatti passare senza fermarli. Chiediamo che tali fatti siano accertati da chi ne ha la competenza. Se fossero veri sarebbero di una gravità inaudita e qualcuno ne dovrebbe rispondere pesantemente”. Quest’ultima dichiarazione, di “cossighiana” memoria, non sarebbe certo una novità… Ma andiamo oltre.

Tutti i politicanti, si sono dichiarati contro la violenza e il bisogno di rispettare le regole. Ma quali regole? La politica affaristica dei governi e dei potenti del mondo, sono legali? I ragazzi scesi in strada sabato e in molte altre occasioni, quale futuro possono avere? Dietro il fumo dei lacrimogeni e delle camionette che vanno a fuoco, c’è una società in cancrena, fatta di banche predatrici e di fabbriche che chiudono. C’è un popolo lasciato a se stesso. C’è una crisi che sembra destinata a non finire mai. E’ troppo facile ridurre la motivazione dei disordini e di una così forte protesta additando la colpa ai “soliti facinorosi”. E le persone scese in strada, non sono marziani venuti da un altro pianeta o, come aveva detto in una intervista a Sky Tg 24 il sindaco di Roma Gianni Alemanno, “i più violenti venuti da tutta Europa”. Sono le stesse persone che cucinano in nero per trenta euro a serata in qualche ristorante radical chic, sono le stesse che rispondono ad un qualsiasi call center con contratti a progetto per poche centinaia di euro al mese o, peggio ancora, sono persone licenziate da un giorno all’altro perché la fabbrica di turno ha deciso di investire all’estero.

La protesta scoppiata lo scorso anno in tutta Europa, sta continuando. Continua in Grecia e continua qui in Italia. Ed è troppo riduttivo sminuire un fenomeno che sembra crescere giorno dopo giorno.

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