(ASI) Palermo - Ribelli libici al Policlinico. Forza Nuova: “Stesso trattamento ai degenti ordinari e accoglienza anche per civili vittime bombardamenti Nato”.
Accolti il 28 luglio in aeroporto da Raffaele Lombardo - e trasportati da 18 ambulanze, in una città in cui trovarne una non è mai facile e in cui i posti letto hanno subìto i tagli alla Sanità voluti dallo stesso Lombardo e dal suo assessore Massimo Russo - sono arrivati in città altrettanti libici feriti, tra loro solo una donna, tutti del fronte anti-Gheddafi, per essere ricoverati al Policlinico universitario di Palermo - reparto di Chirurgia d’urgenza, direttore il prof. Gulotta - in virtù di accordi tra Autorità temporanea di Bengasi, Regione Sicilia e Ministero degli Esteri, accordi che coinvolgono anche l’università, particolarmente solerte, pare in cambio di un lauto compenso, nel mettere a disposizione un team d'emergenza di ben 7 primari del Policlinico, a cui si è aggregata ancheuna specialista di chirurgia della mano, giunta da Roma.Il preside della facoltà di Medicina e Chirurgia, Giacomo De Leo, aveva assicurato alla vigilia che gli“illustri”pazienti sarebbero stati ben presto collocati in differenti reparti, ma così non è stato(http://portale.unipa.it/home/News/notizie/news_0532.html).
Infatti, un intero settore, situato al piano terra, sgomberato in fretta e furia, con grave disagio di malati e familiari, è stato riservato ai nuovi arrivati. Per l’occasione, se n’è rifatto il look – biancheria nuovissima, alimentazione e accessori ad hoc, letti e sedie a rotelle di ultima generazione, materassi e comodini nuovi sono solo alcuni degli optionals – trasformandolo in un’ “oasi” di efficienza, sconosciuta ai comuni ricoverati, in cui non vigono più le normali regole ospedaliere e da cui è nei fatti permesso entrare ed uscire quando si vuole, magari per andare a spendere qualcuno dei tanti biglietti da 500 euro che il personale e i pazienti non hanno potuto fare a meno di notare fra le mani dei ribelli.
Medici, infermieri e inservienti, che per ovvie ragioni desiderano mantenere l’anonimato, sono costretti agli straordinari, e a trascurare i normali pazienti, perché gli ospiti – per nulla riconoscenti e spesso arroganti – non si adattano alle normali regole di convivenza, fumando allegramente nelle stanze e sporcando senza ritegno i locali della struttura. Dal 12 agosto, 8 di loro sono stati dimessi – uno ha persino riacquistato la vista e ce ne congratuliamo con i medici, lamentandoci solo del fatto che, com’è noto a molti palermitani, in quell’ospedale si preferisce spesso delegare ad altri l’eventualità di affrontare casi particolarmente difficili – e i loro sodali, per la felicità, hanno occupato gli spazi lasciati liberi con suppellettili ed oggetti vari per timore che normali pazienti vi fossero destinati, accettando, poi, solo in extremis la convivenza.
Il rettore Lagalla – probabile candidato sindaco alle prossime amministrative – assicura trattarsi dell’ ”esito di una collaborazione che dura da diverso tempo tra Italia e Libia”
(http://portale.unipa.it/home/News/notizie/news_0532.html); ci permettiamo di dubitarne, a meno che gli accordi vigenti fino a pochi mesi fa tra il nostro Paese e la Libia di Gheddafi non debbano essere estesi, oggi, anche a chi, con il supporto determinante della Nato e il voltafaccia del governo italiano, sta tentando invano di scalzare il leader firmatario degli accordi stessi che, ci piaccia o no, è sempre sostenuto fortemente dal popolo, nonostante le falsità propagate dai media occidentali sul suo conto.
Forza Nuova Palermo, alla luce di quanto esposto e documentato, chiede a tutte le autorità interessate che le stesse attenzioni e i privilegi riservati ai ribelli anti – Gheddafi – spesso sospettati di essere mercenari - vengano estesi a tutti i degenti palermitani, ospitati in strutture molto poco accoglienti, e che, inoltre, siano accolti negli ospedali cittadini – universitari e non – anche i numerosi feriti civili – tra loro molte le donne e i bambini - vittime innocenti dei bombardamenti Nato a cui, purtroppo, anche l’Italia partecipa attivamente con l’appoggio unanime di partiti e alte cariche dello Stato.
Chiede, inoltre, al prof. De Leo che – come previsto per l’ospedale di Bengasi – il Policlinico mandi in autunno anche a Tripoli i propri specialisti, dimostrando così la neutralità che i medici dovrebbero mantenere di ronte alle conseguenze di un conflitto.