(ASI)-"A nome del governo pongo la fiducia". Come dire sette parole a discredito di tutte le promesse renziane della vigilia sulla fiducia che non doveva essere posta.
Ci ha messo molto poco il ministro Maria Elena Boschi a pronunciare la frase che ha scatenato la bagarre sugli scranni di Montecitorio. Anzi, come direbbe e ha detto la presidente della camera Laura Boldrini "La ministra..." durante il suo intervento poco dopo il boato dell'emiciclo. "...Lasciate parlare la ministra per le Riforme Costituzionali Boschi, la vostra reazione è eccessiva!". Senza temporeggiare sul fatto che sarebbe ministro anche dei Rapporti con il Parlamento, ridotti oggi ai minimi termini e alle ormai svanite diplomatiche riverenze, Boschi e governo sono al giro di boa.
Un anno e mezzo è la durata media di un governo della Repubblica italiana, la duecentesima settimana forse risulta quella decisiva per le sorti della legislatura. O Italicum o morte dell'esecutivo. Il premier Matteo Renzi sembra non avere paura di essere mandato a casa e pone di nuovo la fiducia, da sùbito e senza mezze misure. Spaccatura PD e insulti dalle opposizioni. Giorgio Gaber, uno dei più apprezzati cantautori anarchici del secolo scorso, descriveva il parlamento come un luogo dove i politici sanno scannarsi su tutto senza cambiare nulla, sarà così anche stavolta? Il capo dell'esecutivo non ci sta ed è pronto a puntare l'all in sulla riforma della legge elettorale. Tutti gli altri preferiscono rendere attuale Gaber. Nichi Vendola e SEL lanciano crisantemi annunciando la morte della democrazia, il capogruppo di Forza Italia Renato Brunetta denuncia il fascismo del governo, Letta, Civati, Bersani e l'ex capogruppo PD Roberto Speranza scelgono di defilarsi definitivamente senza garantire più alcun appoggio alla proposta della maggioranza. Se l'autore del nuovo sistema elettorale è un professore come Roberto D'Alimonte, convinto che la sua legge sia degna di essere esportata, dall'altra parte nessuno è certo che questa proposta possa essere idonea perfino alla sola Italia. Gli altri ministri non si pronunciano, il partito di maggioranza si spacca, le opposizioni inveiscono, i cittadini rimangono indifferenti. Nessuno crede questa riforma sia decisiva come il premier Renzi e il suo ministro Maria Elena Boschi, un'esponente renziana più dello stesso Presidente del Consiglio.
Eppure, nonostante il teatrino parlamentare, il voto ha alla fine respinto tutte le eccezioni di costituzionalità. Dopo il successo di Forza Italia nell'ottenere il voto segreto, 385 sono stati i no alle eccezioni contro 208 sì. La battaglia è così rimandata a domani, ma i lunghi coltelli rimangono affilati. Se Beppe Grillo lancia un nuovo hashtag sotto l'egida di Nostalgicum, rimpiangendo con tanto sarcasmo la solidità dell'esecutivo del Ventennio fascista, in ultima istanza non appare neanche in lontananza una prospettiva di cambiamento né di rinnovamento.
Così, a dispetto di ogni malumore presente in tutte le fazioni politiche non si intravede una proposta alternativa. Se le riforme devono andare avanti è lecito teoricamente adattarle senza l'obbligo dell'aut-aut. Se il governo Renzi è giunto al capolinea, è necessario prendere provvedimenti per un nuovo gabinetto, forse l'ennesimo non eletto democraticamente, cosa che tautologicamente richiama la necessità di una nuova legge elettorale. Il cane che si morde la coda per il quale Gaber sembra avere nuovamente ragione, ma è solo l'intervallo. Domani pomeriggio (oggi ndr) si terrà il primo voto di fiducia, giovedì ne seguiranno altri due. Il voto finale sul testo la prossima settimana a scrutinio segreto, ma gli esiti e le conseguenze della promozione o bocciatura dell'Italicum, come dell'esecutivo stesso, saranno palesemente rivelati a tutti. A meno che la bagarre non scelga di rimanere tale per altre duecento settimane decisive per le sorti del Paese.
Lorenzo Nicolao - Agenzia Stampa Italia