È giusto che il Governo navighi a vista - questo, però, è un dibattito che si fa particolarmente sui giornali -, è giusto rimuovere elementi divisivi - mi sembra questo più un atto di intelligenza che di vigliaccheria-, ma la situazione - ce l'ha ricordato ieri il Presidente della Repubblica - è angosciante e drammatica. Lo è non solo per i cittadini italiani, lo è per i cittadini di tutto il nostro Continente.
È necessario, allora, individuare un approdo per l'Italia, una stella polare su cui riconoscersi e riconoscere una *mission* per il Governo di servizio nazionale.
E io credo che questa missione ci sia, che questa missione l'abbiamo sentita questa mattina nelle parole del Presidente del Consiglio.
E non posso fare a meno, Presidente - perché lei ha evocato un'Europa dei fatti, che si sostituisca all'euroretorica e all'Europa delle parole - non posso fare a meno di ricordare la grande preveggenza degli statisti della ricostruzione italiana. Nei giorni scorsi ho letto delle parole illuminanti di De Gasperi, che nel 1954 parlava di CED (Comunità europea di difesa); ve le leggo testualmente. Scriveva De Gasperi: «La costruzione degli strumenti e dei mezzi tecnici, le soluzioni amministrative sono senza dubbio necessarie»; ma il rischio è di costruire «soltanto amministrazioni comuni, senza una volontà politica superiore». Senza slancio ideale l'Europa potrà apparire «una sovrastruttura superflua e forse anche oppressiva». Parole profetiche, se solo pensiamo al populismo antieuropeo che sta maturando e che è figlio non solo di una burocratizzazione dell'Europa, ma anche di una visione della crisi sociale e del lavoro che c'è in Europa, imperniata solo sul rigore dei conti e spesso distratta rispetto alle grandi questioni economiche e sociali.
Io penso che abbia rappresentato tutto il Parlamento, vorrei dire non solo la maggioranza, ma anche l'opposizione, il Presidente del Consiglio questa mattina, quando ci ha detto che scriverà una lettera nella giornata di domani a Van Rompuy, perché vengano adottate misure concrete, facili da spiegare, rapide da realizzare, sul tema del mercato del lavoro giovanile in Europa.
Vorrei però affrontare una questione che spesso viene rimossa (e io capisco perché viene rimossa, per un misto di opportunismo e di convenienza):
quello che è stato fatto in quest'ultimo anno per consentire al Presidente del Consiglio di oggi di poter parlare. Il Governo Monti ha fatto rigorosamente il suo dovere. E, a pensarci bene, il vero motivo di gratitudine che l'Italia gli deve è che ci ha restituito la possibilità di farci credibilmente ascoltare. Se noi oggi parliamo di chiusura della procedura di infrazione per deficit eccessivo, beh io credo che questo lo si debba a politiche rigorose che gli italiani in prima persona hanno pagato e che forse - anzi, senza il "forse" - sotto il profilo elettorale non sono state certo premianti per chi le ha proposte come Presidente del Consiglio; ma sono state politiche necessarie. Nessuno oggi può dire che l'Italia sia stata assente, reticente o incapace di affrontare i necessari sacrifici. Ed è chiaro che oggi il presidente Letta si siederà a quel tavolo non solo reclamando maggiore incisività nella lotta all'evasione o alla frode fiscale, non solo ponendo le questioni sul mercato unico dell'energia, che sono fondamentali per un Paese come l'Italia, dipendente (ai livelli che sappiamo) sotto il profilo energetico; evidentemente c'è la grande questione - cui il collega Guerrieri Paleotti accennava prima - dell'unione bancaria come presupposto fondamentale di una vera unione monetaria. Scorporare gli investimenti per la crescita e l'occupazione dal computo dei bilanci nazionali è il nostro obiettivo, perché di solo rigore l'Europa muore, l'Italia muore. Ma, se non ci fosse stata la capacità di essere anche rigorosi, per un Paese che per lungo tempo è stato percepito come la cicala europea, noi oggi non saremmo stati credibili, per arrivare a questo punto e per far sentire sul piano europeo la voce credibile del nostro Paese.
Nei giorni scorsi ho letto l'intervista del Ministro degli Esteri e l'ho sentita in audizione presso la Commissione che ho l'onore di presiedere. È un tema ineludibile quello dell'Europa federale, che superi la visione intergovernativa che negli ultimi tempi è oggettivamente prevalsa. Io credo che noi dobbiamo alzare l'asticella dell'ambizione comune; dobbiamo incalzare Francia e Germania in modo costruttivo, risoluto, parallelo.
L'apertura, seppur condizionata e per certi versi ancora ambigua, del presidente Hollande all'Unione politica proposta dalla Merkel va intensamente supportata e cammina di pari passo con il superamento di una visione germanocentrica nella gestione della crisi economica, che ora rischia di essere pagata anche e soprattutto dalla Germania (basta vedere i dati delle esportazioni tedesche).
Colleghi, un'Europa federale - ma di questo dobbiamo essere consci - implica una grande sensibilizzazione delle opinioni pubbliche europee, come diceva il Presidente del Consiglio, ma anche un maggiore grado di serietà nostro, delle classi dirigenti, perché troppo a lungo abbiamo visto Governi e governanti incapaci di parlare un linguaggio di verità, che si sono serviti dell'Europa per scaricare su di essa l'onere di decisioni impopolari. Troppo spesso la demagogia antieuropea è stata usata come ricostituente elettorale delle singole coalizioni. Di antieuropeismo si sono connotati movimenti tradizionali e nuovi. Oggi è necessario spiegare che nel marasma della crisi globale solo un trasferimento di sovranità dai singoli Stati alla dimensione europea può consentirci di difendere il livello di benessere raggiunto, di essere attori mondiali e di realizzare in ambiti strategici efficienze e risparmi non eludibili.
È assurdo - mi chiedo e ve lo chiedo - parlare di Unione europea nella politica estera, nella politica di sicurezza e di difesa? Certo, questo richiede una nuova visione non solo dell'impegno militare ma anche della politica industriale dei grandi Paesi europei, estremamente e intimamente connessa a queste.
In conclusione, onorevoli colleghi, questa nuova missione può essere l'elemento caratterizzante dell'impegno del Governo, che dalla partecipazione congiunta di forze politiche aderenti al Partito del Socialismo europeo e al Partito Popolare europeo trae una forza aggiuntiva e ha un'opportunità supplementare.
Lei ha ritenuto di coinvolgere il Parlamento alla vigilia del Consiglio europeo. È un segno di attenzione importante. Penso vi sia un cammino comune Governo e Parlamento. Noi faremo la nostra parte e la Stella Polare è nelle sue parole: un'Europa dei fatti e non della retorica".
Redazione Agenzia Stampa Italia