Una delle aziende strategiche della regione, a livello locale, regionale e assurta anche a quello mondiale, è la United Colors of Benetton, della Famiglia Luciano e Alessandro Benetton. Un colosso che ha a livello mondiale circa diecimila addetti, tra vendita, produzione, distribuzione e altri settori. L'azienda trevigiana ha annunciato un "piano di trasformazione" che prevederà l'eliminazione di 445 posti di lavoro, ma al contempo anche 280 assunzioni. «Trasformare un'azienda per farla tornare a crescere comporta scelte difficili», aveva dichiarato la scorsa settimana l'amministratore delegato del gruppo, Biagio Chiarolanza, gestore di questa "fase di transizione". Questo nuovo piano industriale, del Gruppo della cittadina di Ponzano Veneto, avrà significative ripercussioni sul livello produttivo della Marca trevigiana. Difatti, se saranno coinvolti i lavoratori dei due stabilimenti trevigiani, lo saranno altresì tutti coloro che gravitano attorno alla cosiddetta realizzazione del prodotto che vediamo nelle vetrine dei negozi Benetton di tutto il mondo. E non è tutto. Le manovre dell'occupazione dell'azienda, metteranno in discussione non solo 228 posti nel nostro Paese, bensì anche 217 nel resto del mondo, dove operano coloro i quali sono adibiti alle stesse funzioni degli stabilimenti di Ponzano e Castrette, e nello specifico, Cina, Serbia, Turchia, Algeria e Hong Kong.
L'azienda precisa comunque che non si tratta di una e propria "riorganizzazione", ma di "trasformazione", per scongiurare la crisi. Pertanto, entro il 31 dicembre del 2013 sarebbero in programma 280 nuove assunzioni in funzioni come le commesse e i commessi di vendita, e altre posizioni simili. Un unico baluardo, riguardo a ciò, è la triplice sindacale, che cerca di scongiurare ogni licenziamento in continue assemblee tra Ponzano e Castrette. E' chiaro, ne risentirebbe tutto l'indotto trevigiano, e colpirebbe 135 laboratori extra legati all'azienda. Un disastro che non ci si può permettere.
Come se non fosse abbastanza, un altro annuncio shock è quello di Electrolux, che intende chiudere entro il 2015 una fabbrica grande come quella di Susegana, sempre in provincia di Treviso. In pratica, salterebbero subito un qualcosa come 373 posti nello stabilimento, ovvero i 250 già in esubero più altri 123 che si aggiungono nei prossimi tre anni.
Electrolux non vorrebbe licenziare, tuttavia, nel 2015 sarebbe costretta ad agire de facto. Negli ultimi quattro anni, si sono consumate le possibilità della Cassa Integrazione, e quindi le organizzazioni sindacali, avrebbero sollecitato l'azienda ad utilizzare i contratti di solidarietà. A Susegana i dipendenti usufruiscono già da mesi del lavoro di 6 ore al giorno, e così, da marzo, si procederà, cessando quel regime, ai contratti di solidarietà.
I sindacati, che han chiesto la possibilità di ottenere questi contratti per due anni, anziché uno, come consentito per legge, si opporranno ai licenziamenti con tutte le loro forze, dei lavoratori esuberanti ancora presenti in azienda nel 2015. Il tutto in un clima di sconcerto e stupore, come sentenzia il Sindaco di Conegliano Veneto, Floriano Zambon, impiegato anche lui nella fabbrica di frigoriferi. «Non mi spiego questo repentino cambio di atteggiamento: un giorno dall'Electrolux arriva la conferma che va tutto bene, il giorno dopo ti trovi di fronte ad un raddoppio degli esuberi». Essendo, per il Sindaco Zambon l'Electrolux come una sorta di "Fiat" per il territorio, è impensabile una situazione del genere, visti i toni dell'azienda, che sembravano molto più rassicuranti. Anche il Governatore del Veneto Luca Zaia rimane interdetto, e fa partire la solidarietà da tutti i lavoratori del Veneto. Ed è chiaro che non si può non essere solidali, ma se pensiamo che dobbiamo aggiungere nuovi fallimenti ai già 162.000 disoccupati presenti in Regione, non c'è molto da stare con le mani in mano, per i rappresentanti del potere.
Dulcis in fundo, imprenditori padovani, trevigiani, vicentini e veronesi stanno guardando sempre con maggiore attenzione a realtà come la Carinzia in Austria, dove la pressione fiscale è molto più bassa, lo Stato è presente e i servizi sono migliori. Determinati operai sarebbero disposti a seguire immediatamente gli imprenditori e trasferirsi in loco. Si parla di 5.000 aziende. Se i vari Berlusconi, Casini, Monti, Ingroia e compagnia pensano che sia un problema da quattro soldi e basti fare una visitina ad una fabbrica che funziona, si sbagliano di grosso. Servono misure urgenti, dopo il voto di febbraio.
Valentino Quintana per Agenzia Stampa Italia