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(ASI) La sentenza della Corte d'appello di Perugia, presieduta dal giudice Hellmann ripropone, in termini attualissimi, il prorompente quesito che sempre più numerosi italiani si pongono: l'Italia è un paese a sovranità limitata?

Pur rispettando il verdetto, al di là dei fatti contingenti e degli atti giudiziali, emerge una verità piuttosto allarmante: la pratica impossibilità dei nostri tribunali di giudicare cittadini americani per reati commessi nel territorio nazionale e/o nei confronti di cittadini italiani. In effetti ogni volta questa esigenza giudiziara si infrange contro il veto degli USA, che ritengono i loro concittadini non giudicabili da tribunali stranieri. 


Tutto ciò si traduce in una costante, progressiva perdita di sovranità dello Stato italiano, che va interpretata in primo luogo ovviamente - e non potrebbe essere diversamente – come un'incresciosa eredità della II guerra mondiale. A ciò si aggiunga il processo di globalizzazione, che coinvolge anche l'Italia e vede tutti i principali centri del potere finanziario statunitense (e non) perseguire una politica spregiudicata, con pochi riguardi verso popoli e Stati (come per esempio la Grecia), particolarmente sofferenti sotto il profilo economico, e senza tener conto delle macerie sociali che questo processo - apparentemente irreversibile - seminerà a livello planetario.  Ma, tornando all'Italia, una cosa è certa: i fatti hanno dimostrato che con i processi riguardanti il Cermis, Calipari e Meredith non è stato mai possibile assicurare alla giustizia nessun cittadino statunitense. Coincidenze? Forse. Ma non sono abbastanza per autorizzare qualche preoccupazione in più?

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