Giornale multimediale Agenzia Stampa Italia Notizie, Mercoledì 7 Maggio 2025 - ore 17:42:47
Grecia: Trattative in stallo. U.E.-"Fate di più". Varufakis tenta di far saltare la Troika

(ASI) – "Ancora una volta giochiamo la nostra pericolosa partita. Una partita a scacchi con il nostro avversario di sempre"- recitava la celebre frase di un noto personaggio cinematografico interpretato dal grande Sean Connery.

Ma questa frase oggi più che mai è forse la migliore per descrivere l'attuale situazione di stallo nelle trattative tra la Grecia e l'U.E., ma soprattutto con la Germania. Dopo la fumata nera dei giorni scorsi con la Grecia che aveva dato indicazioni di massima a solo 6 dei venticinque punti richiesti dall'U.E., adesso più che mai la "partita" entra nel vivo.
Da una parte abbiamo la U.E. e il suo principale sponsor/punto di riferimento, cioè la Germania, che pretendono il rigido rispetto di tutti gli accordi precedenti senza eccezioni o deroghe di alcun tipo. Tale posizione si era però scissa tra falchi rigoristi e colombe sia tra i paesi U.E. che all'interno della stessa Germania. Ma adesso sembra che le colombe abbiano perso terreno in favore di una rinata unità del fronte rigorista di cui entra a sorpresa a far parte anche l'indebitata, e martoriata dalle "riforme", Irlanda. Proprio l'Irlanda ha abbandonato le sue precedenti posizioni attendiste in favore di un più aggressivo approccio a sostegno della posizione tedesca. Il nuovo corso di Dublino è stato esplicato dal ministro delle finanze Michael Noonan che ha dichiarato che "la Grecia deve muoversi verso il livello "tecnico" del negoziato" e ha lamentato il fatto che le proposte greche in materia di piani di risanamento siano dovute essere analizzate dai ministri delle finanze dei singoli paesi europei riuniti in sedute straordinarie che, a detta di Noonan, "non dovrebbero con le singole proposte fatte di volta in volta dalla Grecia". Ma il vero campione di oggi del rinvigorito fronte rigorista è stato il presidente dell'Eurogruppo Jeroen Dijsselbloem. Già all'inizio della riunione odierna dell'Eurogruppo per discutere di quello che viene ormai definito "il dossier Grecia", Dijsselbloem aveva esordito con un secco ammonimento -"Abbiamo detto che sosterremo la Grecia se prosegue sul cammino delle riforme, ma il confronto sulle stesse deve ripartire al più presto possibile. Stiamo perdendo troppo tempo. L'estensione degli aiuti è solo per quattro mesi e abbiamo già perso due settimane. Il nostro sostegno è subordinato all'attuazione del programma esistente quindi non dobbiamo più perdere tempo. La Grecia deve fare di più". L'avvio al vetriolo dell'olandese presidente dell'Eurogruppo, non ha però dato i risultati sperati nonostante un assist della Cancelliera tedesca Merkel che, dalla sua visita in Giappone, ha fatto sapere che "la Germania ha sempre fatto tutto il possibile affinché la Grecia restasse nell'eurozona ma la solidarietà tedesca è parte di una medaglia fatta di altrettanta determinazione a spingere sulle riforme". La tracotanza del fronte rigorista si è però scontrata con il muro di gomma opposta da Atene. La Grecia ha infatti fatto sapere che di voler continuare l'aggiornamento della lista delle riforme, in cambio le istituzioni si rendono disponibili alle trattative per la risoluzione dei problemi finanziari di Atene. Si è trattato di fatto di uno stallo che ha portato ad un ulteriore rinvio a mercoledì quando si terrà un nuovo faccia a faccia tra il governo ellenico e i rappresentanti della Troika. Ma non è l'unico guaio per i rigoristi U.E. e per queli tedeschi in particolare. Seppure siano state momentaneamente messe a tacere le colombe, la situazione è molto più precaria di quanto non si direbbe. Per la prima volte infatti, nei scorsi numerosi media europei e schierati da sempre su posizioni vicine a Bruxelles, hanno contestato la linea rigorista. In particolare a finire nel mirino è stata la tedesca Spd, accusata di avere perso di vista i valori social-democratici a favore di un totalitarismo bancario e capitalista.
Sul fronte opposto rispetto ai rigoristi della Troika, il fantasioso esecutivo greco di Tsipras e il suo fascinoso ministro delle finanze Varufakis. Nei giorni scorsi la situazione per Tsipras sembrava volgere al peggio. A livello internazionale veniva infatti data per scontata la capitolazione greca dinnanzi alla Troika con Tsipras stesso rappresentato da numerosi organi di informazione al pari di un bambino capriccioso per la sua frase in cui chiedeva che non si parlasse più di "Troika". Altri problemi per Tsipras erano giunti dal fronte interno dove la titubanza di fronte alla Troika era stata letta dalle opposizioni di destra e di sinistra come un segno della volontà di Tsipras di sottomettersi ai diktat, abbandonando ogni velleità di discontinuità con il precedente esecutivo e tradendo di fatto le promesse elettorali. In virtù del timore che Tsipras abbia garantito solo una breve "pausa" dalla Troika, e che presto ci sarebbe stato un ritorno alla precedente posizione di "sudditanza", le opposizioni avevano mobilitato le maggiori piazze del paese durante lo scorso fine settimana. In aiuto di Tsipras è però intervenuto il suo ministro delle finanze, l'economista Yanis Varufakis, che, con una serie di spericolate iniziative, è riuscito a ribaltare quello che sembrava il principio della fine dell'esecutivo ellenico, così come di ogni speranza di un Europa alternativa a quella della Troika. Tra le iniziative che hanno maggiormente scosso i media, la più recente è stata quella in cui Varufakis lasciava intendere che il prossimo referendum che si terrà in Grecia sarebbe stato per decidere l'uscita dall'Euro, salvo asserire il giorno dopo che si era trattato di un "malinteso" poiché il referendum sarà per capire il tasso di gradimento del popolo greco nei confronti dell'operato di Tsipras in Europa. Tutt'ora a sostegno del "malinteso" di Varufakis, ci sarebbero insistenti voci provenienti da ambienti vicini all'esecutivo, che parlerebbero di una commissione di economisti riunita per valutare gli scenari di una possibile uscita della Grecia dalla U.E. Inoltre Varufakis anche oggi ha insistito che per poter far si che si arrivi finalmente a delle trattative più serene, la Troika va "allontanata" da Atene, e sostituita da un "team di tecnici" basati a Bruxelles aventi il compito di valutare le riforme greche prima di ciascuna riunione dell'Eurogruppo. Di fatto, il ministro delle finanze greco, ha proposto lo scorporamento della Troika, facendo "saltare"il legame tra il Fondo Monetario Internazionale e le istituzione della U.E., e riconoscendo solo queste ultime come interlocutore nelle trattative per le riforme. L'effetto di simili richieste, voci di corridoio e "malintesi" vari, unito al mancato accordo con la U.E. e alla conseguente esclusione degli istituti bancari ellenici dal "Quantitative Easing" lanciato oggi, ha portato a un forte tonfo della borsa di Atene che ha chiuso la giornata odierna in ribasso del 4,18%. Ma la posizione greca gode ancora del favore dell'esecutivo ungherese di Orban e soprattutto della Russia di Putin. Proprio la Russia che, dopo la massiccia presenza a fianco della Grecia delle scorse settimane, sembrava essersi defilata, è ritornata oggi protagonista con insistenti voci vicine al Cremlino che hanno apertamente parlato di un accordo che sarebbe allo studio per concedere una deroga ai prodotti ortofrutticoli e agricoli della Grecia, mantenendo però l'embargo su quelli del resto della U.E. Tale scenario sarebbe tutt'altro che di poco conto. Visto l'attuale embargo dei prodotti agricoli e ortofrutticoli dalla U.E, la Grecia diverrebbe leader del settore nell'enorme mercato russo, per un volume di esportazioni valutato in miliardi di euro. Con questa iniezione di capitali, oltre agli accordi con Gazprom, e alla posizione di Putin che ha ribadito di essere pronto a finanziare il debito ellenico, la posizione greca si sta rivelando tutt'altro che insostenibile.
Un unico punto sembra però mettere d'accordo entrambe le fazioni. La questione del "dossier Grecia", altro non è che la scelta tra destinare i fondi pubblici dello stato, pagati dal popolo greco, ai creditori internazionali, che, in cambio della loro "generosità" beneficiano degli elevati tassi di interesse che il debito greco garantisce; oppure destinare i fondi pubblici per assicurare il benessere e le tutele sociali fondamentali dei cittadini greci.

Cenusa Alexandru Rares – Agenzia Stampa Italia

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