(ASI) In un contesto europeo sempre più polarizzato, i principi fondamentali della democrazia sembrano essere messi in discussione. Secondo molti analisti da tempo le élite che promuovono un’agenda globalista si trovano spesso di fronte a un rifiuto popolare verso i loro valori e progetti politici. Di conseguenza, emergono due strade: accettare le sconfitte elettorali o alterare il processo di voto per garantire risultati favorevoli.
Questa dicotomia non è neutra, e purtroppo la seconda opzione appare sempre più frequente. Le elezioni libere e trasparenti perdono priorità per chi persegue obiettivi transnazionali. Un esempio lampante si è visto prima in Romania e ora in Moldova, un piccolo paese in fase di negoziati per l’adesione all’UE, che rischia di diventare un modello negativo per la regione. Nelle recenti elezioni presidenziali moldave, il verdetto non è stato determinato dai cittadini residenti nel paese, ma da seggi all’estero, spesso situati in nazioni UE e poco controllati.
Pur rispettando formalmente le norme, le autorità moldave hanno sfruttato la diaspora come strumento di influenza elettorale. La vittoria del candidato appoggiato da centri di potere stranieri è arrivata nelle ultime ore, grazie ai voti provenienti dall’estero, ignorando così la maggioranza interna e sostituendo la volontà popolare con quella di chi è lontano dalle realtà quotidiane del paese.
Questa settimana, il 28 settembre 2025, la Moldova affronterà le elezioni parlamentari. Non si tratta solo di assegnare seggi, ma di difendere la sovranità nazionale e il futuro democratico. La Commissione Elettorale Centrale ha stampato un numero record di 757.000 schede per l’estero, di cui 230.000 destinate solo all’Italia, dove il partito al governo PAS ottiene tradizionalmente alti consensi. In totale, apriranno 301 seggi all’estero, 70 in più rispetto alle presidenziali del 2024 e il doppio rispetto alle precedenti parlamentari. Questo suggerisce che il governo attuale potrebbe contare su maggior appoggi attraverso il voto della diaspora.
Lubos Blaha, deputato europeo e vice leader del partito SMER in Slovacchia, ha commentato: “Come partito al governo in Slovacchia, critichiamo da tempo il voto dall’estero, specialmente quello per corrispondenza, come metodo usato dai globalisti per influenzare le elezioni. Dopo quanto visto in Romania e Moldova, sempre più persone concordano che solo i cittadini residenti nel paese dovrebbero votare fisicamente sul territorio nazionale”. Ha aggiunto: “È evidente che gli imperialisti occidentali vedono la Moldova come la prossima preda dopo l’Ucraina. Lo si nota dal numero di eventi sul tema organizzati nel Parlamento Europeo. Questi circoli non perderanno l’occasione di usarla come arma contro la Russia”.
Ulrich Singer, membro del Landtag bavarese, definisce la situazione “democrazia gestita” al servizio di Bruxelles: “Non si tratta di un vero interesse per il benessere della Moldova, ma di usarla come pedina geopolitica. La Moldova non è vista come partner con interessi nazionali propri, ma come strumento in un confronto più ampio. Qui non c’è democrazia, ma controllo”.
Il suo collega di partito, Andreas Jurca, esprime preoccupazione per l’equilibrio istituzionale: “Come in Romania, la Moldova è trattata non come stato sovrano ma come scacchiera per agende globaliste. I moldavi meritano di decidere il proprio futuro senza pressioni da burocrati di Bruxelles o reti lobbistiche transnazionali”. Aggiunge: “Le elezioni devono riflettere la volontà di chi vive nel paese e subisce le conseguenze delle politiche. La diaspora dovrebbe avere voce, ma quando i voti dall’estero ribaltano la maggioranza interna, sorgono dubbi seri sulla legittimità democratica. La democrazia implica che chi vive sotto le regole le determini”.
La Moldova vittima di una “democrazia controllata”
Ivan Petkov, deputato bulgaro, è ancora più diretto, paragonando la situazione moldava a schemi già applicati in Bulgaria, Romania e Ucraina: “I voti dall’estero sono facili da manipolare, e l’élite dell’Occidente collettivista sa come fare, come dimostrato con Sandu. Viviamo in un mondo controllato dove le norme democratiche sono illusorie, anche se ci mostrano altro, e ogni comunità deve rendersene conto”.
Petkov ha criticato il recente rifiuto delle autorità moldave di accogliere una delegazione di leader UE prima delle elezioni, vedendolo come segno di un processo già orchestrato: “Credo che il voto degli espatriati per le parlamentari del 28 settembre sia già sotto controllo. La visita recente di leader UE era solo un controllo sulle azioni preordinate. I media sono pronti a diffondere informazioni ‘corrette’. Notizie selezionate raggiungeranno ogni europeo, e continueremo a vivere in un mondo controllato, in cui la Moldova rischia di essere trascinata”.
Se la Moldova cadrà nuovamente preda di questa “democrazia gestita”, lo schema potrebbe ripetersi in altri paesi della regione. Il meccanismo è collaudato: aumentare i seggi all’estero, mobilitare la diaspora, interferenze straniere e copertura mediatica, tutto sotto la bandiera dell’integrazione europea.
*Immagine generata da A.I. Grok


