Vietnam. Pham Minh Chinh nuovo primo ministro, Paese riparte in condizioni favorevoli

thu tuong chinh phu nuoc chxhcn viet nam pham minh chinh(ASI) Dopo il 13° Congresso del Partito Comunista del Vietnam, conclusosi lo scorso primo febbraio con la conferma di Nguyen Phu Trong a segretario generale per il terzo mandato consecutivo, l'undicesima sessione della 14a Assemblea Nazionale del Paese ha oggi eletto il primo ministro uscente Nguyen Xuan Phuc nuovo capo di Stato, con il 97,5% dei voti favorevoli, e Pham Minh Chinh, membro del Politburo, nuovo primo ministro, con il 96,25% dei voti favorevoli.

Nel discorso pronunciato davanti al consesso subito dopo la sua elezione, il nuovo capo del governo ha voluto esprimere la sua gratitudine all'Assemblea Nazionale per la fiducia accordatagli. «Questo è un onore per me ed anche una responsabilità molto pesante che mi viene affidata dal Partito, dallo Stato e dal Popolo», ha affermato Pham Minh Chinh, che si è detto consapevole del ruolo fondamentale rivestito dall'esecutivo negli ambiti dello sviluppo nazionale e della difesa dell'indipendenza, della sovranità, dell'unità e dell'integrità territoriale del Paese.

Nato nel 1958 a Hau Loc, un distretto della provincia di Thanh Hoa, nella regione costiera centrosettentrionale del Paese, Chinh vanta una carriera di lungo corso all'interno delle istituzioni pubbliche, cominciata nel 1984 come ricercatore scientifico del Dipartimento di Scienza, Economia e Ricerca Tecnologica del Ministero degli Affari Interni. Pham, infatti, prima di diventare dottore in giurisprudenza nel 2000, in gioventù si era già laureato in Ingegneria delle Costruzioni Civili e Industriali a Bucarest.

Dalla metà degli anni Ottanta, Pham Minh Chinh intrapreso un lungo percorso nelle strutture di sicurezza e intelligence, che lo ha visto funzionario nella regione meridionale del Paese, terzo e secondo segretario presso l'Ambasciata vietnamita in Romania tra il 1989 e il 1994, per poi rientrare in patria alle dipendenze del Ministero per la Pubblica Sicurezza, del cui Dipartimento Generale è diventato vicedirettore nel 2006. Passato ad occuparsi di organizzazione tra il 2009 e il 2010, quando ha assunto la direzione del Dipartimento Generale di Ingegneria Logistica presso il Ministero per la Sicurezza Pubblica, nel 2011 è stato eletto membro del Comitato Centrale del Partito Comunista del Vietnam, durante l'11° Congresso.

Nel corso degli ultimi dieci anni, la sua scalata ai vertici del Partito è stata piuttosto rapida. Dapprima è diventato segretario del Comitato Centrale per la Provincia di Quang Ninh, poi eletto membro del Politburo in occasione del 12° Congresso, segretario del 12° Comitato Centrale, presidente della Commissione Organizzativa del 12° Comitato Centrale, capo della Sotto-Commissione per la Sicurezza Politica Interna del 12° Comitato Centrale, membro del Comitato Direttivo Centrale per l'Anticorruzione, oltre che deputato in questa 14a Assemblea Nazionale.

Insieme al nuovo capo di Stato, al riconfermato segretario generale del Partito e al presidente dell'Assemblea Nazionale Vuong Dinh Hue, Chinh andrà così a comporre il principale quadro dirigente nazionale per i prossimi cinque anni. Con la scelta di quelli che gli analisti definiscono come i "quattro pilastri" del sistema politico-istituzionale vietnamita, si chiude una fase molto importante di crescita e sviluppo per il Paese, capace di resistere alla pandemia, pur tra le immancabili difficoltà iniziali. Lo scorso anno, infatti, malgrado lo sconvolgimento delle catene di fornitura globali, il PIL vietnamita si è mantenuto in territorio positivo (+2,9%), trainato in particolare all'export di acciaio, prodotti elettronici e computer.

Stando ad un rapporto dello scorso gennaio di Viet Dragon Securities, società vietnamita di servizi finanziari, nel 2020 il Paese asiatico è stato indirettamente favorito dal forte calo (-30%) dell'import europeo dalla Turchia, primo fornitore UE di acciaio, passato da 3,4 a 2,4 milioni di tonnellate. Tuttavia, il maggior mercato di sbocco per i produttori siderurgici vietnamiti è la Cina, dove il volume di export si è praticamente settuplicato (+718%) su base annua, toccando quota 3,54 milioni di tonnellate.

Anche dall'elettronica arrivano numeri importanti, ulteriormente migliorati rispetto alla già positiva performance del 2019, quando, secondo ADB, la guerra commerciale tra Pechino e Washington aveva costretto gli Stati Uniti ad aumentare le importazioni dal Vietnam (+33% nel primo semestre) trainate, assieme ai macchinari, proprio da questo settore, che vede il Vietnam aumentare costantemente la sua capacità di attrarre investimenti esteri, principalmente dagli altri Paesi della regione Asia-Pacifico ma anche da Stati Uniti e Francia, grazie soprattutto a poli di innovazione come Ho Chi Minh City (Saigon High Tech Park), Bac Ninh e Hai Phong.

In generale, la bilancia commerciale del Vietnam nel 2020 ha registrato un surplus di 20 miliardi di dollari, seguendo una tendenza positiva che permane quasi ininterrottamente dal 2012, con la sola eccezione del 2015, quando il saldo tra export ed import aveva fatto segnare un deficit di 4 miliardi di dollari.

Nei prossimi anni, stando a quanto emerso durante i lavori assembleari, il governo dovrà concentrarsi su cinque compiti prioritari: elaborare un piano di azione per «concretizzare l'attuazione della Risoluzione del Partito»; promuovere la costruzione di uno «stato di diritto socialista del popolo, dal popolo, per il popolo» e rafforzare la disciplina e lo «spirito di adesione alla legge»; gestire, mobilitare ed utilizzare efficacemente tutte le risorse ai fini dello sviluppo nazionale, infrastrutturale e digitale; difendere «l'indipendenza, la sovranità e l'integrità territoriale»; costruire meccanismi e politiche che valorizzino «le risorse umane, la cultura e la solidarietà nazionale».

Le misure di contenimento del contagio messe in campo da Hanoi sono risultate tra le più efficaci al mondo, di fatto annullando l'emergenza sul nascere. Ad oggi, infatti, si contano soltanto 2.637 casi di infezione dall'inizio della pandemia, con appena 35 vittime: numeri che appaiono infinitamente più piccoli rispetto alle tragiche statistiche della crisi sanitaria esplosa in Europa e negli Stati Uniti.

Come spiegava nel giugno dello scorso anno in un'intervista l'Ambasciatrice vietnamita in Italia Nguyen Thi Bich Hue, le scuole sono state chiuse subito dopo le vacanze del Capodanno lunare mentre dall’inizio di febbraio il Vietnam ha fermato tutti i voli da e verso i Paesi dove si stava sviluppando l’epidemia, disponendo un isolamento concentrato di 14 giorni per le persone provenienti dall’estero. Alla fine di marzo, inoltre, le autorità hanno vietato l’ingresso ai cittadini stranieri. L'esperienza acquisita in passato con altri patogeni ha permesso al governo di sviluppare una strategia efficace basata sull'isolamento tempestivo dei positivi e sulla suddivisione del territorio in zone.

Se nella regione Asia-Pacifico le decisioni e i provvedimenti adottati, in vari modi, hanno fin'ora garantito una convivenza relativamente tranquilla con il virus, nel mondo occidentale la ripresa, visto il sostanziale fallimento delle misure di contenimento, è invece interamente affidata alle campagne vaccinali dei singoli Paesi. Hanoi potrà dunque guardare a quest'anno e al prossimo con relativo ottimismo. Quando anche Stati Uniti ed Europa saranno finalmente fuori dall'incubo dell'emergenza Covid-19, il Vietnam sarà già pronto a venire incontro alla domanda di beni proveniente dalle economie mature, sfruttando appieno il potenziale dell'accordo di libero scambio con l'UE (EVFTA), entrato in vigore lo scorso primo agosto.

 

Andrea Fais - Agenzia Stampa Italia

 

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