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(ASI) Cultura/ Libri, Alex Corlazzoli: "Dirigenti e politici vogliono una scuola consumistica. Al Miur tanti docenti precari (163 mila) sono in attesa di nomine nuove o riconfermate: fra questi c'è  Alex Corlazzoli, giornalista de Il fatto quotidiano nonché maestro precario che sulle pagine del giornale racconta l'odissea propria e dei colleghi.

Fattitaliani lo ha intervistato*partendo dal suo ultimo libro " La scuola che resiste. Storie di un maestro di provincia" (Chiarelettere Reverse , pp. 176, euro 13,00). Partendo dal titolo, dice: "La scuola deve resistere a chi la vuole omologare, a chi tenta di oggettivare anche un luogo dove gli uomini imparano a crescere, a diventare cittadini, con le loro differenze, identità e soggettività". Chi vuole una scuola consumistica? Corlazzoli non ha dubbi: "I dirigenti e la politica. Chi amministra la scuola non sogna. Vuole solo che gli operai facciano il loro dovere. Una volta un dirigente amico mi ha confidato: "Sai Alex, il provveditorato ormai ci chiede solo di smontare ogni polemica e di far funzionare la scuola anche senza soldi". Queste sono le preoccupazioni di chi dirige la scuola pubblica italiana". Il giornalista auspicherebbe un maggiore ed effettivo coinvolgimento delle famiglie alla vita scolastica: "Oggi mamme e papà hanno a che fare ogni anno con insegnanti giostrai, come li chiamo nel mio libro. Sono i precari. Quelli che arrivano a settembre e se ne vanno a giugno, proprio come le giostre. Per i famigliari dei bambini questi docenti sono alieni. Non si conoscono gli uni e gli altri. Si guardano all'inizio dell'anno per scrutarsi, per capire. Si incontrano per la prima volta solo ad ottobre per l'elezione degli organi collegiali. La scuola non la fanno solo gli insegnanti. Si fa insieme, genitori, insegnanti e bambini". Sul suo status di maestro precario "Ogni anno non so se avrò una cattedra ma il 30 agosto (quest'anno persino il 6 settembre) vado all'ufficio scolastico provinciale e come se fossimo dal macellaio attendo il mio turno, spero che vi sia ancora una cattedra in un paese vicino a dove abito, magari dove ho insegnato lo scorso anno. Una sorta di lotteria dove i criteri della continuità didattica, della qualità dell'insegnamento spariscono. Non conta nella scuola italiana cosa tu sappia fare ma ciò che interessa è riempire le caselline".
Redazione Agenzia Stampa Italia


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