(ASI) Bello e impossibile: usiamo le parole della famosa canzone di Gianna Nannini per descrivere il Perugia. Il Grifo in dieci contro undici segna tre reti di pregevole fattura, annichilisce il Catanzaro, domina e fa capire che per il primo posto ancora i giochi non sono ancora chiusi. Impossibile pretendere di più da una formazione che gioca sempre per costruire e attaccare, come vuole Andrea Camplone, fedele alla sua idea di calcio.
Perugia bello e invincibile, di fronte ad un’espulsione, quella di Cangi, che nessuno è ancora riuscito a capire; e un Catanzaro che, dominato per tutto il primo tempo, trovatosi improvvisamente in superiorità numerica, ha provato con Fioretti per tre volte a riaprire il discorso (due volte si è opposto Koprivec).
Grifo bello e incredibile quando, dopo un’ora a tutto gas, si rilassa e rianima un Catanzaro già con l’encefalo piatto, beccando due gol evitabilissimi: soprattutto il secondo, con l’arbitro aretino Pelagatti (nel complesso non all’altezza della situazione) che ha bellamente ignorato la segnalazione di un fuorigioco di Masini (autore del punto) da parte della sua guardalinee Lucia Abruzzese. Il Perugia spumeggiante si spegne di colpo verso il 20’ della ripresa, consegnandosi così ad un finale con vari nervosismi, qualche apprensione e troppe ammonizioni per una partita che era diventata una sfilata trionfale.
Ecco, se proprio vogliamo cercare con puntiglio qualcosa su cui Camplone dovrà lavorare nel finale di campionato, non possiamo non registrare questa incapacità, essenzialmente mentale, di gestire al meglio il risultato e le situazioni. E, insieme, l’ancora carente sfruttamento dei calci piazzati. Ma, di fronte ad una prova sontuosa e travolgente come quella del Ceravolo, davvero le poche ombre devono cedere il passo ad una luce addirittura abbagliante. La qualità dell’impianto di gioco del Perugia è di primissimo livello. Sulle fasce Fabinho e Politano fanno scintille senza che gli allenatori avversari riescano a trovare le contromosse giuste. Il Perugia ha adesso un equilibrio tattico ed una maturità nell’approccio alla gara che sono da grande squadra. Il tratto più importante dell’era Camplone è la progressiva acquisizione della consapevolezza piena dei propri mezzi che porta i grifoni a giocare in sicurezza, con automatismi perfetti e inventiva nelle giocate. In mezzo al campo; Nicco sette polmoni non finisce di stupire (oggi ha anche segnato un gol con tiro a foglia morta degno di un grande numero dieci); Esposito garantisce sostanza; Moscati continua ad essere l’uomo della quadratura del cerchio. E ancora non è entrato in scena Italiano (a proposito, ma perché Camplone non lo ha provato nell’ultima mezz’ora, a partita acquisita?). Davanti, Fabinho è prorompente e incontenibile: se dura questo stato di grazia, sarà uno degli assi nella manica di Camplone. Politano è costante su livelli di assoluta qualità e Ciofani, anche se apparentemente non sempre brillante, dà invece con costanza un apporto decisivo perché da solo impegna i centrali avversari e, nelle circostanze in cui serve, ha sempre la giocata geniale che serve (come oggi sul gol del 2-0 quando ha allargato per l’accorrente Fabinho). La difesa fa il suo, guidata da un Russo smagliante e da un Massoni solido e concreto, con Liviero e Cangi chiamati a stare alti, rubare palla e innescare le ripartenze micidiali del Grifo.