Tanti hanno costruito il loro futuro sul martirio: forse c'è speranza anche per i palestinesi

(ASI) La storia è disseminata di episodi che fanno riferimento diretto o indiretto al martirio, cioè alle persecuzioni subite da singole persone o da interi popoli, a causa di poteri religiosi o laici in quel momento dominanti.

Il fenomeno è storicamente circolare, così come è circolare la concezione della storia, almeno secondo il pensiero filosofico tradizionale di stampo vichiano.  Stando agli scritti dei Padri della Chiesa, legioni di cristiani furono immolati sull'altare del paganesimo di Roma. Una volta divenuto religione di Stato sotto l'imperatore Costantino (306-337), il cristianesimo ha usato lo stesso metodo di repressione, sia pure in maniera più contenuta, verso gli sconfitti. Come dimostra ad esempio il caso della filosofa pagana Ipazia, vittima incolpevole ad Alessandria (Egitto) di una folla cristiana fomentata dal Patriarca Cirillo nell'anno 415. Anche l'Islam ha avuto i suoi martiri, e la corrente religiosa sciita affonda le sue radici sul martirio di Alì, il genero di Maometto ucciso nel 661 sulla soglia della Moschea di Kufa. Prima ancora delle persecuzioni europee del primo quarantennio del XX secolo gli ebrei erano stati, più o meno periodicamente, repressi con la violenza dalla Chiesa. Ma le punte più alte di persecuzione si sono registrate in Europa fra le due guerre mondiali. La posizione degli ebrei era stata di una minoranza etnico-religiosa, rispetto ad una maggioranza  che deteneva anche il potere politico. In Palestina le cose sembrano andare allo stesso modo, ma con posizioni capovolte: gli ebrei sono al potere e come vittime ci sono i palestinesi, che hanno il loro unico 'torto' di vivere da sempre in quella terra. Un altro esempio storico di come i martitri del giorno prima possano essere gli aguzzini del giorno dopo. Quindi, riassumendo: martiri tra i cristiani, martitri tra i pagani, martiri tra i mussulmani, martiri tra gli ebrei e martiri... tra i palestinesi.

  

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