Afghanistan una guerra ventennale cancellata in pochi giorni della disgregazione dell’esercito locale e dal ritiro delle truppe USA

(ASI) Il 7 ottobre 2001 George W. Bush avvia l’operazione Enduring Freedom con il sostengo di Gran Bretagna, Canada, Australia, Germania e Francia, dopo gli attacchi terroristici dell’11 settembre. L’allora Presidente insieme all’esercito spazza via in poche settimane la resistenza degli studenti coranici che erano al Governo dal 1996 e che sostenevano Al Qaeda.

La prima fase del conflitto si conclude a maggio del 2003. Comincia la ricostruzione del Paese. La coalizione di 40 Nazioni guidata dagli americani si scontra però con un ritorno dei talebani, che cominciano una guerriglia contro le forze alleate in Afghanistan.

Nel 2004 il Mullah Omar annuncia l’intenzione di riprendersi la sovranità del Paese. È a questo punto della storia che gli attacchi dei guerriglieri diventano sempre più frequenti, così come le vittime fra gli americani, i civili e i soldati della Nato. Nei primi mesi del 2008 le truppe americane impegnate in Afghanistan aumentano dell’80%.

In seguito Barack Obama viene eletto Presidente, anche con la promessa di portare a termine un’occupazione che dura ormai da 7 anni. Nel 2010 pone l’obbiettivo del ritiro delle truppe entro luglio 2011. In realtà il ritiro non avverrà mai durante i suoi due mandati. Il 2 maggio 2011 viene ucciso Osama Bin Laden, incursione armata dei Seal. A giugno Obama annuncia il ritiro di 10.000 soldati. Nel 2013 le truppe Nato passano la gestione della sicurezza alle forze militari afghane con l’esercito americano che continua ad occuparsi dell’addestramento su cui investirà oltre 80 miliardi di dollari. Donald Trump verrà in seguito eletto Presidente e nel 2017 promette il ritiro delle truppe e la fine della guerra.

Nel 2019 il Governo americano comincia in Qatar i negoziati con i Talebani. Guidati da un futuro leader dell’Emirato islamico, il Mullah Abdul Ghani Baradar, Trump inizia a ridurre le truppe che a luglio 2020 contano solo 8.5000 soldati, e annuncia il ritiro completo per il 1 maggio 2021. Nell’anno corrente Joe Biden viene eletto Presidente, posticipa il ritiro degli ultimi 2500 soldati all’11 settembre poi anticipa il 31 agosto. La guerra ventennale è costata milioni di dollari e 2.400 vittime accertate, i soldati feriti ammontano a 20.000.

Il Governo Afghano che contava sotto la sua supervisione 330mila effettivi ben armati ed addestrati si è disgregato in dieci giorni. Era il 6 agosto quando è stato pronto a cadere il primo capoluogo di provincia. Il 15 agosto i talebani sono entrati a Kabul. La loro è stata una cavalcata più che un combattimento armato. Sono invece contate le diserzione da parte dei combattenti afghani.

Secondo quanto riportano delle fonti a noi vicine all’inizio della primavera era terminato il raccolto dell’oppio nelle province meridionali pashtun. Questo potrebbe aver fatto coincidere l’invio di molti miliziani tra le file talebane, per la consueta stagione dei combattimenti che arriva fino ad ottobre. Mentre i talebani si univano, coloro che dovevano essere a difesa dell’Afghanistan filo-occidentali disgregavano.

Trump aveva concordato con i Talebani il ritiro americano per maggio e Biden lo ha rinviato a settembre, tuttavia il supporto aereo comincia già a diminuire ad aprile. Il Presidente Ashraf Ghani, ormai espatriato era stato spaventato da voci di colpo di stato. Nelle guarnigioni di soldati più lontane dell’esercito afghano non arrivano le munizioni, e senza neanche combattere e sparare un solo colpo i talebani offrono un salvacondotto a chi si arrende. L’8 giugno chiude la base italiana ad Herat, il 2 luglio quella americana a Bagram, una delle più importanti e di assoluta rilevanza strategica e militare. Il supporto aereo USA è virtualmente finito. Eppure l’8 luglio il Presidente Biden scandisce le seguenti parole: “I talebani non hanno neanche lontanamente le capacità militari dei Vietcong, non vedremo persone scappare dal tetto dell’ambasciata”.

Già da domenica 1 agosto Asrhaf Ghani ammette che: “non arrivano stipendi e munizioni sul fronte”. Venerdì 6 agosto cade Zaranj, il primo capoluogo di provincia. I soldati hanno il permesso talebano di rifugiarsi in Iran. Chi è in trincea cerca di arrendersi per potersi salvare la vita. Pochi giorni dopo a capitolare sarà Herat. Così a seguire Kandahar, Lashkar e Gah, culle pashtun. Dopo la caduta di Mazar-i-Sharif. Kabul è ormai prossima a essere presa. Domenica 15 agosto la capitale si sveglia con i Chinook, gli elicotteri da trasporto militari dell’aviazione statunitense che prelevano il personale dal tetto dell’ambasciata. Gli afghani lasciano caserme e divise, I talebani entrano in piccoli gruppi. È sorto il secondo Emirato talebano, dopo che Ghani è fuggito in elicottero.

Massimiliano Pezzella – Agenzia Stampa Italia

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