Danno ai congiunti. Nascita di una nuova impostazione

(ASI) Il danno ai congiunti è stato protagonista di un lungo cammino giudiziale, dottrinario e giurisprudenziale.

La svolta decisiva intervenne nel corso del 2003 ad opera della Cassazione ( sent. n. 8827/2003, 8828/2003, 12124 /2003 e 19057/2003 e della Corte Costituzionale n. 223 /2003), che manifestò la netta volontà di ricondurre ad un’ unica macrocategoria tutti i pregiudizi aventi natura non economica: il danno non patrimoniale di cui all’art. 2059 c.c., inteso come categoria ampia, comprensiva del danno biologico, quale danno alla salute ( considerato per il disposto di cui all’art 32 della Cost, tra i valori della persona umana costituzionalmente protetti) e gli altri pregiudizi non pecuniari da lesioni di valori inerenti la persona.
Il nuovo sistema risarcitorio si distingueva pertanto per essere nuovamente un sistema bipolare: art 2043 c.c. danno patrimoniale e art 2059 c.c. danno non patrimoniale (biologico- morale ed esistenziale).
Ma viepiù, la Cassazione offrendo una lettura costituzionalizzata dell’art 2059 c.c., specificava che se la lesione aveva riguardato i valori della persona costituzionalmente garantiti, la riserva di legge di cui all’art 185 c.p non operava più per tutti i tipi di danni, ivi compreso i danni morale.
La differenza tra questa impostazione ed il modello del vecchio art 2059 c.c. era quindi assolutamente palese.
La limitazione costituita dal requisito della fattispecie di reato perdeva una volta per tutte la sua centralità, viceversa assumendo un rilievo nevralgico il riferimento alla violazione degli interessi costituzionalmente garantiti tra i quali ovviamente: “quello relativo all’intangibilità della sfera degli affetti e della reciproca solidarietà nell’ambito della famiglia, all’inviolabilità della libera e piena esplicazione delle attività realizzatrici della persona umana nell’ambito di quella peculiare formazione sociale costituita dalla famiglia , la cui tutela è ricollegabile agli artt 2, 29 e 30 della Cost”.

La Cassazione ha voluto quindi fornire un’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art 2059 c.c., sganciando definitivamente il risarcimento del danno non patrimoniale, sia dal presupposto del reato, che anche e soprattutto dal rigido legame che esso aveva ai soli casi specificamente previsti dalla legge ordinaria.

Grazie a questa nuova ricostruzione della materia, qualora un fatto illecito abbia violato in modo grave diritti inviolabili della persona, come tali oggetto di tutela costituzionale, il soggetto leso può chiedere il risarcimento del danno non patrimoniale scaturente dalla lesione di tali interessi, anche al di fuori di una ipotesi di reato, sebbene non ricorra una delle fattispecie in cui la legge ordinaria consente espressamente il ristoro del danno non patrimoniale
In conclusione va evidenziato che la giurisprudenza successiva, pronunciatasi in tema di tutela risarcitoria dei congiunti, non si è più discostata da questa impostazione, basti pensare a Cass. Civ. sez. III, 3 febbraio 2011, n. 2557, in Danno e Resp. 2011, pag. 829, quando afferma che: “il soggetto che chiede “iure proprio “ il risarcimento del danno subito in conseguenza dell’uccisione di un congiunto per la definitiva perdita del rapporto parentale lamenta l’incisione di un interesse giuridico diverso sia dal bene salute, del quale è titolare ( la cui tutela si esprime mediante il risarcimento del danno biologico) sia dell’interesse all’integrità morale (la cui tutela si esprime attraverso il risarcimento del danno morale ) e ciò in quanto l’interesse fatto valere è quello all’intangibilità della sfera degli affetti e della reciproca solidarietà nell’ambito della famiglia, all’inviolabilità della libera e piena esplicazione delle attività realizzatrici della persona umana nell’ambito di quella peculiare formazione sociale costituita dalla famiglia, la cui tutela è ricollegabile agli artt. 2, 29 e 30 della Cost. Trattasi di interesse protetto, di rilievo costituzionale, non avente natura economica, la cui lesione non apre la via ad un risarcimento ai sensi dell’art 2043 c.c., ma ad una riparazione ai sensi dell’art 2059 c.c, senza il limite dell’art 185 c.p., in ragione della natura del valore inciso, vertendosi in materia di danno che non si presta ad una valutazione monetaria di mercato”.

Francesco Maiorca – Agenzia Stampa Italia

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