La denatalità italiana in caduta libera

(ASI) Brutte notizie in arrivo dall’Istat, che nel suo rapporto annuale pubblicato il 19 febbraio 2016, registra un ulteriore calo delle nascite rispetto all’anno precedente. Secondo l’Istituto di Statistica, nel 2015, i nuovi nati nel Bel Paese sarebbero 488 mila, rispetto ai 503 mila del 2014 con un saldo negativo di 15 mila unità. Secondo le stime, anche l’anno appena trascorso ha registrato un record assoluto, di cui non andare certo fieri. In ballo non ci sono solo freddi numeri, ma il ricambio generazionale di un’intera nazione. Da nove anni, infatti, le nascite sono inferiori ai decessi, sempre più numerosi. La relazione tra bambini che non arrivano ed anziani che scompaiono va dai meno 7 mila del 2007 ai meno 96 mila del 2014. Tutto ciò si riflette sull’età media italiana che, nel 2015, si attesta sui 44 anni circa, segnando un netto invecchiamento della popolazione. Tra le cause identificate dalle stime Istat, vi sono l’invecchiamento della fascia di donne in età fertile ed il cambiamento di mentalità delle nuove generazioni, definite dai sociologi americani baby busters, afflitte da cinismo, pessimismo e sfiducia in alcune forme di aggregazione tradizionali, come la famiglia.
Per quanto riguarda il tasso di natalità, pertanto, si segnala una netta discesa dall’8 per mille del 2014, all’8,3 per mille del 2015. In nessuna regione italiana è dato riscontrare un incremento della natalità, mentre Molise, Campania e Calabria consolidano la stessa percentuale del 2014. I dati leggermente positivi, in un panorama comunque negativo, vengono registrati soltanto in Trentino Alto Adige dove, nella Provincia di Bolzano, la natalità si conserva superiore alla mortalità con un + 1,9 per mille. Ben poca cosa rispetto alla necessità della nazione di sopravvivere. Anche sul fronte del contributo alla nascite delle madri straniere, si riscontra una realtà contraria alle aspettative. Forse contagiate dal clima italiano, anche i nuovi nati stranieri si contraggono, quanto al numero e registrano 5 mila unità in meno rispetto all’anno passato, a fronte dei meno 9 mila da madre italiana. Nonostante nessuno sembri preoccupato od interessato a tali dati è bene ricordare che, se la tendenza dovesse consolidarsi, le implicazioni pratiche sarebbero enormi. Basti pensare al sistema pensionistico, ancora basato sulla contribuzione dei lavoratori in servizio per sostentare quelli in pensione, che verrebbe a crollare senza il necessario numero di giovani che subentrano nel mondo del lavoro appena un anziano ne esce. A tal proposito non sarebbe certo azzardato affermare che un sistema fiscale più accorto ed in linea con il dettato costituzionale, potrebbe agevolare la formazione della famiglia e la sua realizzazione, infondendo fiducia nei futuri genitori e stimolando la nascita di nuovi cittadini, base e sostegno della nazione di domani.

Ilaria Delicati – Agenzia Stampa Italia

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