(ASI) C’è già chi paragona il Venezuela alla Siria dell’America Latina: parti di popolazione in conflitto tra loro e sostegno dall’estero. È l’ennesima polveriera su cui è seduta, forse inerme, la comunità internazionale, davanti all’Onu ormai ridotto a ente quasi simbolico. Stupisce come, in poche ore, si stiano creando nel continente due coalizioni che potrebbero fronteggiarsi sul suolo venezuelano.

La cronaca riporta inoltre di scontri e vittime, a Caracas, tra fazioni opposte a causa della drammatica evoluzione della crisi, nel paese, culminata con gli eventi odierni. Juan Guaidò, il numero uno del parlamento diretto dall’opposizione e giudicato illegittimo dal Tribunale supremo controllato dal governo, si è autoproclamato oggi presidente del Venezuela. L’attuale capo di stato Nicolas Maduro ha parlato in serata, dal palazzo presidenziale, accusando Washington di aver organizzato il colpo di stato e ha intimato ai diplomatici americani di rientrare, nella loro patria, entro 72 ore. Donald Trump, che non ha escluso l’opzione militare nel caso in cui fosse colpito il neopresidente, è stato il primo leader straniero a riconoscere Guaidò. Altri paesi hanno seguito l’esempio del tycoon come Canada, Brasile, Paraguay, Colombia, Argentina, Perù, Ecuador, Costa Rica, Kosovo, Cile e Guatemala. Gli stati che si sono schierati a favore del deposto Maduro sono: Bolivia, Cuba, Messico, Turchia e Russia. Il Cremlino e gli Usa hanno espresso dunque pareri esattamente opposti e ciò potrebbe generare un aumento della già molto elevata tensione mondiale. Il capo dell’Eliseo, Emmanuel Macron, ha annunciato che la Francia ha avviato consultazioni, con gli altri componenti del vecchio continente, finalizzate a prendere posizione sulla delicata vicenda.

Marco Paganelli – Agenzia Stampa Italia

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