(ASI) Il mondo pare non riuscire a fermare la drammatica crisi siriana, nonostante gli oltre 500 mila morti dal suo avvio e l’eventuale possibile uso di armi chimiche vietate dalle convenzioni internazionali.

La tensione a Idlib è infatti sempre più alta. I raid di Mosca e Damasco proseguono per annientare i “terroristi”, cioè i ribelli sostenuti dall’Occidente, in preparazione dell’operazione militare di terra, dei due alleati, volta a espugnare la roccaforte degli oppositori. L’Onu teme un’ulteriore catastrofe umanitaria per la presenza, nella regione, di centinaia di migliaia di donne, bambini e uomini inermi che potrebbero rimanere bloccati nei rifugi a causa delle deflagrazioni degli ordini. I civili rischiano di morire, secondo Amnesty International che ha diramato ieri un altro forte allarme, anche per il lancio quotidiano di barili bomba da parte dell’esercito del rais Bashar al – Assad che è appoggiato da quello del Cremlino. La Turchia ha comunicato più volte ultimamente di essere contraria a nuove iniziative belliche, nell’area, soprattutto per la paura dell’esodo, di profughi in fuga, verso il suo territorio. Il leader di Ankara, Tayyp Erdogan, affronterà nuovamente la tematica in questione col suo omologo, Vladimir Putin, lunedì a Sochi. L’Occidente non desidera un’escalation che potrebbe generare ostilità, dirette o per procura, tra potenze regionali e globali. E’ consapevole che tale rischio, emerso più volte dall’inizio del conflitto civile nel 2011 nel paese mediorientale, ha quasi azzerato i tentativi di un serio processo di riconciliazione nazionale e generato pericoli per la sopravvivenza dell’ intera umanità.

Marco Paganelli – Agenzia Stampa Italia

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