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Arte. Il “Grand Tour” dei Pittori Peligni alla conquista di Roma

(ASI) L'arte salverà il mondo!  Cosi si esprimeva STENDHAL nelle ”passeggiate romane”, allorquando il venticello di primavera, definito ”ponentino” soffiava sulla “Campagna dei castelli” e suscitava ricordi di glorie sopite. Oltre ai celebri“sette colli”, una emergenza artificiale attirava l'attenzione del diplomatico francese, la cosiddetta “Torpignattara” formata dall'accumulo di anfore vinarie scaricate al porto di Ripetta.

La fonte di Piazza Di Spagna rappresenta un vascello, la Barcaccia sprofondata, la piramide di Caio Cestio circondata di “tombe precoci” onorate dai gatti, le osterie di Trastevere ritrovo di pensionati di turno all'Accademia di Francia di Villa Medici a Trinità dei Monti. Per rendersene conto non basta la VITA! Sulle facciate di arcigne dimore patrizie le lapidi ricordano il soggiorno di ospiti illustri. Goethe era estasiato e ispirato: ”Ammiro i monumenti e le statue ma aspetto la modella, la forma vera. Da quale finestra apparirà colei che mi darà conforto?! La “regina delle vie” parte dalla Città Eterna, in un corridoio di rovine dove i sepolti tornano a vivere. Byron percorre l'Appia “domina viarum” intenzionato a imbarcarsi per la Grecia a Brindisi ma si sofferma estasiato al cospetto della tomba di Cecilia Metella. Senza conoscerne l'aspetto e la genealogia esclama: ”fu giovane e bella, fedele al marito che ha per eterno riparo un castello!!!" Interrogativi, esclamazioni, patemi d'animo consolati dai colori, non importa se associati, contrapposti o divisi, che la tela trattiene e trasmette alla posterità con messaggio telepatico! Un tempo compagnie di braccianti e pastori abruzzesi, consolati dal flebile rimpianto delle zampogne, affrontavano la “transumanza autunnale” nell'ingrato mestiere dell'emigrante. Le paludi prosciugate, i poderi bonificati sono oggi attrattive per estemporanei “clerici vagantes” associati in gallerie luminose dove i maestri del pennello si confrontano nel caleidoscopio dell'Iride che sorge da un letto di rose al primo suggerimento dell'alba. Duemila anni fa almeno così raccontava Ovidio nelle Metamorfosi. L'Urbe, città dell'anima, apre le porte ai profughi di tutto il mondo che la considerano loro patria. L'arcobaleno di immagini che proponiamo in una sede privilegiata, appoggiata ad antiche mura, sospinge a perseguire traguardi aurorali.

 Marco Marcone Storico sulmonese

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