Vucic, Serbia manterrà la sua neutralità militare

Vucic(ASI) La Serbia manterrà la sua neutralità militare. Lo ha ribadito il preidente serbo Aleksandar Vucic ricevendo a Belgrado la presidente del Consiglio della Federazione Russa, Valentina Matviyenko. Una dichiarazione che dimostra una voltà di più come Belgrado non voglia perdere la propria sovranità finendo sotto l'ombrello protettivo della Nato, come aveva già ricordato pochi giorni fa a Bruxelles.


"La Serbia – ha detto Vucic - continuerà a mantenere la sua posizione, nonostante le pressioni sul paese. Siamo e saremo un paese neutrale dal punto di vista militare".ù
La scorsa settimana, il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg, incontrando a Bruxelles il presidente della Serbia Vucic, ha dichiarato che l'Alleanza sta potenziando il partenariato con Belgrado nel "pieno rispetto per la neutralità militare" del paese. "Non c'è contraddizione tra la neutralità militare della Serbia – ha sottolineato Stoltenberg – e il buon partenariato con la Nato". L'Alleanza atlantica ha infatti "molti partner che sono neutrali", ma con cui al tempo stesso ha una "forte cooperazione". Stoltenberg ha osservato che "Nato e Serbia si trovano a far fronte a sfide sicurezza comuni", e che il lavoro con l'Alleanza atlantica "può portare benefici reali" al paese e ai suoi cittadini, oltre che alla ragione.Una posizione che però non trovo sostegno a Belgrado dove è ancora forte il ricordo dei bombardamenti a guida Usa del 1999.
Nonostante le dichiarazioni di neutralità da tempo la Serbia sta puntando le armi russe.
Nei mesi scorsi lo stesso Vucic ha parlato dell’esistenza di negoziati sia con il presidente russo Vladimir Putin sia con quello bielorusso Aleksandr Lukashenko. In particolare l’obiettivo di Belgrado sarebbe quello di acquistare due divisioni di sistemi missilistici terra-aria S-300 di produzione russa da Mosca o in alternativa da Minsk.
Informando delle trattative in corso Vucic ha detto: “”Per noi sarebbe di vitale importanza avere due divisioni di S-300 e un posto di comando di reggimento, che sarebbe una soluzione per diversi anni”, pur precisando che per il momento il raggiungimento di un accordo è distante.
Già nello scorso gennaio Il ministro della Difesa di Belgrado, Zoran Djordjevic, aveva annunciato la volontà da parte della Serbia di acquistare i sistemi missilistici S-300.
Gli S-300 sono una serie di sistemi missilistici terra-aria a lungo raggio realizzati in Unione sovietica prima e in Russia poi a partire dall’S-300P, la versione base. Prodotti dalla NPO Almaz sono stati sviluppati per contrastare i velivoli ed i missili da crociera nemici. Versioni successive sono efficaci anche contro i missili balistici. Dal 1993, questi missili sono prodotti congiuntamente dall’Almaz con la sudcoreana Samsung.
Il sistema S-300 venne schierato per la prima volta nel 1979 in Unione Sovietica per la difesa dei grandi centri industriali ed amministrativi, di basi militari, oltre che per il controllo dello spazio aereo nazionale.
La responsabile dello sviluppo dei sistemi S-300 è la già citata azienda russa Almaz, di proprietà del governo (conosciuta anche come KB-1), che è parte della Almaz-Antei. I missili utilizzati da questi sistemi antiaerei sono stati sviluppati dall’ufficio tecnico “Fakel”, una distinta azienda governativa nota anche come OKB-2.
L’S-300 è considerato uno dei più potenti missili antiaerei oggi disponibili. I suoi radar sono in grado di inseguire circa 100 bersagli, potendo ingaggiarne 12/24/36. Esso è in grado di raggiungere una gittata di 150-200 o 300 km e può distruggere perfino i missili balistici. L’unità di comando si trova ad una distanza di 30–40 km dagli altri elementi del sistema di combattimento. I sistemi sono completamente automatici. Il tempo di dispiegamento di questo tipo è di cinque minuti. I missili S-300 rimangono sempre sigillati, e durante la loro vita operativa non necessitano di interventi di manutenzione.

Fabrizio Di Ernesto – Agenzia Stampa Italia

 

Foto: By Österreichische Außenministerium [CC BY 2.0 (http://creativecommons.org/licenses/by/2.0)], via Wikimedia Commons

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