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Captain Philips. Attacco in mare aperto: Tom Hanks alla caccia del terzo Oscar.
(ASI) E’ una storia di pirateria. Non ci  però sono pittoreschi lupi di mare, né galeoni, né forzieri nascosti, ma si parla dei pirati di oggi. Candidato all’Oscar come miglior film, è forse quello meno noto visto il successo di Gravity e il cast stellare di American hustle, ma come protagonista del film di Paul Greengrass c’è appunto un corsaro di statuette come Tom Hanks, che prova a sfidare la storia e ha prendersi la terza statuetta dopo quelle note e superlative di Philadelphia e Forrest Gump. Hanks insegue così Daniel Day Lewis, con tre Oscar da miglior attore con l’ultima del 2013 e anche Walter Brennan (tutte da non protagonista negli anni ‘30 e ‘40) Jack Nicholson (due da protagonista con Qualcuno volò sul nido sul cuculo e Qualcosa è cambiato e una da non protagonista per Voglia di tenerezza). Il capitano Richard Philips non sarà ricordata forse come la miglior performance di Hanks, nonostante l’attore abbia interpretato benissimo la vicenda del capitano dell’Alabama, il mercantile americano che nell’aprile del 2009 fu oggetto di un assalto da parte di quattro pirati somali (nella realtà tre) e che ha portato al sequestro dello stesso capitano. Il film potrebbe sembrare inferiore agli altri concorrenti, ma nonostante i 130 minuti scorre molto velocemente, di sicuro meglio dei più quotati American hustle e Gravity, mantenendo un ritmo serrato e coinvolgente, che ci fa capire sia il punto di vista dello sventurato Philips, sia quello della marina americana, sia quella dei pirati somali. Convincente è la prova di Barkhad Abdi nel ruolo di Musa, capo dei pirati, adatto sia per la fisionomia che per  la capacità di mantenere la tensione e le controversie dei pirati di oggi, tanto che spesso e volentieri è lui a dominare la scena nonostante Tom Hanks. Su questo è apprezzabile il lavoro di Greengrass. candidato alla miglior regia, che però poteva contare su un’ottima sceneggiatura di Billy Ray, che si è attenuta abbastanza bene ai fatti realmente accaduti, anche se ha fatto leva sull’eroismo di Philips e sull’umanità di fondo dietro la vicenda. L’opera è interessante anche per farci capire le regole del diritto marittimo e ci pone l’attenzione sul grave problema della pirateria, dietro al quale ci sono signori crudeli e spietati della guerra che agiscono solo per business, nonostante la miseria dilaghi tra la loro gente. Le affascinanti figure dei pirati  della letteratura e del cinema tipo Capitano John Silver, Hook, Jack Sparrow e tanti altri non hanno nulla a che fare con Musa e i suoi uomini, che sono perlopiù pedine nelle mani di uomini ancor più potenti, che sognano in realtà una vita simile alla nostra con una casa, un auto e in pace, anche se fin da piccoli, loro malgrado sono alimentati dalla guerra e vivono con essa. Il finale che è il coronamento di un climax ascendente, sostenuto da una bella colonna sonora (quinta nomination) tiene con il fiato sospeso e ci trasporta in quello che un vero e proprio dramma, che non vede più un uomo sequestrato e quattro pirati, ma cinque persone con il destino sospeso tra la vita e la morte e legate da un cordone di tragicità, che comunque segnerà per sempre le loro esistenze. Daniele Corvi – Agenzia Stampa Italia

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