(ASI) Bisogna fare, prima di tutto, la doverosa, ancorché stucchevole, precisazione di rito, e cioè che Mimmo Lucano, l’ex sindaco di Riace, condannato, ieri, dal Tribunale di Locri, a 13 anni e 2 mesi perché ritenuto, dai giudici, responsabile di associazione per delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, truffa, peculato e abuso d’ufficio, deve essere considerato, così come impone la Costituzione, innocente.

Detto questo non c’è alcun dubbio che più che la sentenza in sé presta ilfianco a molte critiche e a molte polemiche, che, peraltro, sono già state fatte ad abundantiam, il “caso Lucano”. Con gli opposti schieramenti, a favore o contro,si esce fuori da un equilibrio che invece sarebbe necessario tenere in queste situazioni. Prima di tutto per rispetto verso chi è stato condannato, trattandosi di una sentenza, comunque, di primo grado, quindi con le accuse ancora presunte che andranno verificate in un giudizio d’appello ed eventualmente in Cassazione. La seconda ragione, che imporrebbe misura, moderazione, buonsenso, è che non si possono in maniera così sguaiata, senza nemmeno leggere le motivazioni, criticare i giudici del Tribunale, che sì, forse, avrebbero potuto posticipare di qualche giorno la sentenza, non fosse altro per il fatto che Mimmo Lucano è capolista (una lista di sostegno a Luigi De Magistris) alle elezioni regionali che si terranno in Calabria fra un giorno, domenica e lunedì. E così si è scatenato un uragano di insulti contro i giudici, anche perché avrebbero aumentato, di quasi il doppio, le richieste fatte, in dibattimento, dai Pm. Così non si denigra, offende, diffama solo il collegio giudicante, ma, se ogni volta che succede qualcosa di importante si offendono così pesantemente i magistrati s’incrina la credibilità, già ai minimi, di un’istituzione che dovrebbe essere una pietra miliare per la democrazia. Mimmo Lucano ha fatto indubbiamente di tutto per aiutare i rifugiati e i migranti. E di questo bisogna dargli atto.Ma è stato anche un paladino ribelle dell’accoglienza, quando dice “se la legge è questa, io non le obbedisco” o “tra legalità e giustizia preferisco la seconda”. E, allora, si arriva alla domanda: ma tutto quello che ha fatto, con indubbi e infiniti meriti, non avrebbe potuto farlo rispettando diligentemente e rigorosamente la legge? Ammesso, ovviamente, come dicono i giudici, e come in qualche circostanza ammette anche lui stesso, l’abbia violata.  Il “caso Lucano” sta tutto in questo interrogativo, che chiunque, in buona fede e con onestà intellettuale, deve porsi.

Fortunato Vinci – www.lidealiberale.com – Agenzia Stampa Italia

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